Olga benario

Olga benario
rivoluzionaria e martire

lunedì 5 ottobre 2009

giacomo marramao

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G I A C O M O M A R R A M A O

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BUY THE BOOK Secondo Giacomo Marramao, che affronta in questo libro lo straordinario "mutamento di scala" che accompagna i fenomeni politici della nostra epoca, il ricorso alle categorie di "mondializzazione" o "globalizzazione" non ha solo un significato tecno-economico. Siamo di fronte a un passaggio destinato a trasformare tutte le culture, che chiama in causa una riconversione di concetti fondamentali come identità e differenza, contingenza e necessità, nonché, per cominciare, locale e globale. Rispetto a diagnosi apparentemente antitetiche come quelle di Fukuyama (omologazione universale) e Huntington (conflitto delle civiltà), per Marramao è necessario demistificare due false opposizioni: Stato-mercato e Oriente-Occidente. A tale scopo, il libro, tenendo costantemente sullo sfondala grande discussione sull' "èra globale" avviata fra le due guerre da autori come Spengler, Junger, Schmitt e Heidegger, sviluppa la sua proposta muovendo dal disincanto della categoria di mercato operato da Karl Polanyi e da una profonda revisione dell'approccio comparativo delle culture operato da Max Weber. L'esigenza - avanzata in conclusione attraverso un serrato confronto con le posizioni di Jurgen Habermas e di Jacques Derida - di una "politica universalista della differenza" viene formulata in base a un radicale riesame critico delle pretese di universalità delle stesse categorie, tipicamente occidentali, di democrazia e filosofia.



«Una storicità profonda penetra il cuore delle cose, le isola e le definisce nella loro coerenza, impone ad esse ordini formali implicati dalla continuità del tempo». Nella prospettiva teorica delineata da Giacomo Marramao la «continuità del tempo», che Michel Foucault indica qui come contrassegno del moderno, non è semplice vettore, bensì forma transpolitica per eccellenza, che involve la fitta trama delle categorie filosofiche fondamentali della costellazione moderna. Senza il tempo-storia cumulativo e irreversibile – senza la temporalizzazione della storia – non si darebbe il processo di secolarizzazione nel significato più esteso che è venuto assumendo: ossia di passaggio della società occidentale dalla spazialità rituale degli ordini gerarchici alla fase dinamica della piena autodeterminazione del soggetto. Con questo libro fondativo, da cui ha preso avvio la sua riflessione ventennale intorno all’«impensato» dell’idea di secolarizzazione, Marramao ha anche aperto la saggistica filosofica italiana agli esiti della Begriffsgeschichte tedesca: la storia concettuale che indaga sia la genesi e le trasformazioni del grande lemmario teoretico-politico, sia gli elementi figurali e i complessi metaforici che intervengono nella costituzione dell’«immagine del mondo» lungo la linea di confine tra metafisica e politica, scienza e multiverso delle pratiche.




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Da quando Thomas Hobbes fece del mostro biblico l'emblema dello Stato - il "Dio mortale", la massima potenza terrena - la filosofia politica non ha smesso di fronteggiare il Leviatano. Oggi tuttavia la suggestione simbolica della megamacchina statuale, che ha segnato il destino stesso della modernità, sembra ormai irreversibilmente esaurita. Con l'avanzare del dominio della tecnica il Leviatano appare sempre più, secondo l'intuizione di Nietzsche, un "gelido mostro", menzognero e insensibile alla varietà del divenire e della vita. "Morte di Dio" e "morte dello Stato" non sono che due aspetti di quel medesimo processo di pluralizzazione della politica cui già alludeva Weber con la nozione di "politeismo dei valori". Ripercorrendo la fitta trama della riflessione sul politico, da Schmitt a Habermas, dal "pluralismo corporativo" all'attuale polemica tra "comunitaristi" e "liberali", Marramao delinea la prospettiva di un mutamento di paradigma, al di là degli orizzonti concettuali dello Stato-Leviatano.


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La tragedia di Manhattan ha aperto una nuova epoca, allo stesso modo in cui l'attentato di Sarajevo aveva inaugurato la lunga "guerra civile mondiale" del Novecento. Il crollo delle Twin Towers segna il passaggio dal sistema-mondo al conflitto-mondo, e rappresenta perciò un evento non solo storico e politico, ma anche eminentemente filosofico. Sul limite della nuova epoca globale, caratterizzata dal dominio tecnologico e dall'eclissi delle certezze dell'etica e della politica tradizionali, due filosofi, legati da una comune appartenenza generazionale, tentano di rispondere alla sfida, mettendo a confronto la condivisa tensione verso un nuovo inizio. Il dialogo pone al centro la natura paradossale del nostro presente come "tempo sospeso" tra il non-più del vecchio ordine e il non-ancora di un nuovo ordine che non si riesce a intravedere. In che termini si ripropone oggi il tema classico del rapporto tra attualità e pensiero, in un mondo che sembra relativizzare irrevocabilmente le categorie e i valori con i quali l'Occidente ha costruito la propria identità? Attraverso un confronto serrato, che non rinuncia a spezzare il corso della discussione filosofica con puntuali riferimenti all'attualità politica e alla storia italiana degli ultimi trent'anni, gli autori assumono la questione del presente nel duplice significato di nodo teorico e di costellazione simbolica.




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Da Platone allo spazio-tempo della relatività einsteiniana e all' "indeterminato" della meccanica quantistica. Una mossa originale che spiazza un'intera tradizione della filosofia. Un ripensamento radicale dei paradossi del tempo contro il "gergo filosofico" che oppone autentico a inautentico, l'incommensurabilità della durata interiore alle "misure" del tempo spazializzato. Al centro del libro, una critica serrata di Heidegger e dell'heideggerismo. Al termine del percorso emerge l'immagine del kairos, del "tempo debito": contingenza propizia che dà luogo ad ogni identità, compreso il fenomeno della Mente o Coscienza. E, dallo sfondo del lessico greco, affiora - con un colpo di scena - un ultimo nodo cruciale: l'enigmatica origine del latino tempus.


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Cielo e Terra. Eternità e secolo. Un tipico dualismo occidentale è alla base della varietà di panorami indicati dalla categoria di "secolarizzazione". Passando per una lunga serie di spostamenti sematici ed estensioni metaforiche, quest'espressione si è trasformata - da "terminus technicus" sorto originariamente in ambito giuridico - in concetto teologico e di filosofia della storia: fino a denotare da ultimo la definitiva crisi di ogni modello di storia orientata, in una condizione ipermoderna delimitata dal disincanto operato dalla scienza da un lato e dal prepotente ritorno del mito dall'altro. Il volume di Giacomo Marramao trae spunto dalla voce "Secolarizzazione", redatta dall'autore per il prestigioso "Historisches worterbuch der Philosophie", e da una serie di seminari sul tema tenuti tra il 1992 e il 1993 presso la Fondazione Lelio e Lisli Basso - Issoco.



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Il filo conduttore di questo viaggio attraverso i labirinti della prospettiva moderna è costituito da un tratto paradossale: l'inconcepibilità del tempo fuori del riferimento a rappresentazioni spaziali. Lo "spiazzamento" filosofico che ne consegue investe in pieno le pretese della filosofia del Novecento di estrapolare una dimensione "autentica" della temporalità in antitesi alla "spazializzazione" - a cominciare dallo stesso Heidegger, di cui il libro propone una critica teoretica radicale. L'alternativa filosofica avanzata viene così a configurare, nella sua novità, un'aperta rottura con tutte le attuali declinazioni della tematica del "nichilismo". Essa non è più giocata sui consueti "superamenti" e "rovesciamenti", ma su uno spostamento laterale dell'ottica con cui l'intera tradizione filosofica occidentale ha finora visualizzato la "questione del tempo".


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Dalla "Critica Sociale" all' "Ordine nuovo", da Turati a Gramsci, dalla critica al filantropismo umanitario delle origini alla crisi del positivismo, si svolge nel movimento operaio italiano una complessa e animata vicenda teorica - specchio, funzione e motore di quella politica - che conduce i socialisti italiani dal Congresso di Genova del 1892 alla scissione di Livorno, dalla separazione dagli anarchici alla 'svolta' del leninismo, ma certamente non si esaurisce, arrivando a fornire materia e schemi al dibattito teorico e politico di questo dopoguerra. Nel valutare meriti, ruoli e rapporti dei protagonisti - uomini e correnti - di questa vicenda, da Turati a Labriola, da Croce a Gentile a Mondolfo, dai 'critici di Marx' ai restauratori di una 'filosofia' del socialismo, il dibattito storiografico degli ultimi decenni, pur nella diversità talora radicale dei giudizi, ha prodotto i suoi canoni, delineato un quadro sistematico. Passando attraverso un'analisi attenta dei testi del 'revisionismo' - da quelli del dibattito collettivo sulle colonne della "Critica Sociale" a quelli decisivi di Labriola, Croce, Gentile, Mondolfo - il volume di Marramao approda da un lato a una valutazione indubbiamente originale del merito teorico e dei significati politici delle correnti e degli episodi più significativi di quel dibattito; dall'altro, a un profondo rimescolamento delle gerarchie, dei rapporti reciproci, delle influenze fra gli interlocutori fondamentali.





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READ MORE... Le complesse vicende politiche e teoriche del marxismo europeo fra gli anni Venti e Trenta trovano nelle elaborazioni, nelle discussioni, nelle polemiche sui processi di metamorfosi del capitalismo un punto di eccezionale chiarificazione: esse rispecchiano, infatti, quella che Max Horkheimer, il massimo esponente della "Teoria critica", aveva definito "crisi della scienza", indicando con questa formula le difficoltà di adeguazione della teoria marxiana della società alle immani trasformazioni del capitalismo fra le due guerre. Organizzato attorno ad una rivisitazione dei vari protagonisti di quei dibattiti - da Karl Korsch a Henrych Grossmann, da Rudolf Hilferding a otto Bauer, da Anton Pannekoek a Paul Mattich, Friedrich Pollock, Alfred Sohn-Rethel, ecc. - ricco del confronto con la vastissima saggistica su questo eccezionale periodo storico, questo volume trova la sua ragione nell'assunto generale che il passaggio dagli anni Venti agli anni Trenta individui un punto nevralgico, un laboratorio incandescente dal quale si sprigionano conflitti e linee di tendenza le cui conseguenze e propaggini appaiono, nella crisi odierna, quanto mai condizionanti: per la teoria non meno che per la prassi, per le idee di 'progetto', 'sviluppo', 'trasformazione' non meno che per le esperienze effettivamente compiute dagli attori sociali.






































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