Olga benario

Olga benario
rivoluzionaria e martire

martedì 25 dicembre 2007

qualche notiziola sul nazismo


Numero 104 - Giugno 2005
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La teorizzazione mise le prime radici durante il Settecento e l'Ottocento. Dallaseconda metà dell''800 alla fine della prima guerra mondiale fu un'esplosione
IL RAZZISMO IN EUROPA. NASCITAE SVILUPPO DI UN DELIRIO MENTALE
di SEBASTIANO GRANATA
INTRODUZIONE Il termine "razza" ha diversi significati, tutt'oggi non del tutto distinti l'uno dall'altro, usato sin dal Rinascimento per denotare tratti caratteristici di gruppi sia umani che animali. "Razzismo" si riferisce ad una visione del mondo che riconduce il comportamento ed il carattere degli uomini alla "razza" cui si asserisce che l'individuo o il gruppo appartenga. L'influenza del razzismo nell'epoca moderna deriva dal fatto che esso è divenuto una specie di religione secolare, basata sulla scienza e sulla storia.E' possibile tracciare l'evoluzione del razzismo attraverso ben definite fasi storiche. I fondamenti teorici furono gettati durante il Settecento e la prima metà dell'Ottocento. A partire dalla seconda metà dell''800 sino alla fine della prima guerra mondiale il razzismo andò crescendo d'intensità, assumendo un più netto e definito orientamento. Tra la prima e la seconda guerra mondiale stabilì collegamenti con i movimenti politici di massa europei riuscendo, su buona parte del continente, a tradurre in pratica le teorie razziste. Infine, dopo la seconda guerra mondiale, i razzisti continuarono ad agitarsi, ma furono sopraffatti dalla reazione contro i loro stessi crimini.Le concezioni razzistiche nel 700 e nel primo 800.

I 'negri' visti dal razzismo fascista(manifesto di Boccasile, 1944)Il risveglio romantico della storia, nel'700, fu d'importanza basilare per lo sviluppo dell'ideale razziale. Furono allora postulate le leggi dello sviluppo organico, poi trasferite all'antropologia e alla linguistica, le quali dovevano avere entrambe un ruolo determinante nello sviluppo del pensiero razzistico. Mentre per Montesquieu e Buffon lo sviluppo storico era condizionato da fattori ambientali come geografia e clima, le differenze tra i popoli (puramente casuali) e la concezione "organica" della storia scavavano un abisso profondo tra gli uomini e tra le nazioni, abisso che, si affermava, non era prodotto delle umane vicende, ma rivelava un piano divino.Si consideri, ad esempio, la concezione elaborata da Herder (1744-1803), che doveva avere vasta eco in tutta Europa. La natura e la storia sono le forze creative dell'Universo. La spontaneità naturale, istintiva, è alla radice delle caratteristiche di ciascun popolo nel suo cammino attraverso il tempo. Oltre che nella letteratura del passato, il popolo si esprime altrettanto schiettamente nella lingua nazionale e nella poesia popolare. L'individuo esiste solo come parte di un Volk (insieme indissolubile di popolo e nazione) così concepito. Nella concezione herderiana la nazionalità veniva dunque ad assumere una dimensione estetica, storica e linguistica che ne faceva un'entità separata da qualsiasi forma transitoria di organizzazione politica. Il fatto che il "Volk organico" avesse la prevalenza sullo stato si dimostrò decisivo per tutto il successivo pensiero razzistico. Herder, non credeva, tuttavia, nella supremazia nazionale, poiché, come illuminista, l'amore per il proprio Volk non gli impediva di rispettare tutti gli altri.L'insistenza di Herder sul linguaggio come espressione di un passato comune accomunò un'intera generazione di filologi a cavallo tra '700 e '800, i quali respingevano però in massima parte gli interessi umanistici di Herder per concentrarsi invece sulla ricerca scientifica delle affinità genetiche tra le lingue. Le esame comparato delle lingue, sia antiche che moderne, condusse a postulare una protolingua comune (arioeuropeo), importata in Europa dall'Asia all'epoca delle migrazioni dei popoli "ariani".E' in questo stato di cose che appare per la prima volta il termine "ariano". Sennonché la ricerca scientifica delle parentele linguistiche indusse assai presto alla formulazione di giudizi di valore, venendo così a saldarsi con la visione organica della storia tanto popolare tra i romantici. Poiché la lingua esprimeva l'esperienza di un popolo, si pensava che il passato degli ariani, i quali avevano dato all'Europa le sue lingue, riflettesse la supposta superiorità dell'Europa contemporanea. Attraverso la linguistica i romantici trovarono un legame con la preistoria ariana dei popoli germanici. I linguisti descrissero gli ariani come forti e virili contadini, dalla sana vita familiare. La scienza linguistica dava così origine ad in mito storico; la ricerca scientifica conduceva ad avanzare pretese di superiorità morale. La lingua divenne un indice di vera spiritualità e della continuità con un passato incontaminato. In sé, il concetto di "razza" derivava dall'antropologia piuttosto che dalla storia o dalla linguistica. Fu l'antropologia settecentesca a dare inizio ad una classificazione delle razze. Linneo (1707-1778) e Buffon (1707-1788) suddivisero i popoli a seconda del colore, della dimensioni e della forma del corpo. Si asseriva quindi che le somiglianze in tal modo scoperte costituivano appunto la "razza". Ma anche quest'impostazione puramente "scientifica" conduceva poi a giudizi sul carattere e sul temperamento degli uomini; parimenti si supponeva che l'apparenza esteriore e le misure fisiche dell'uomo simboleggiassero le qualità spirituali.L'anatomista olandese P. Camper indagò la tipologia razziale mettendo a confronto le misure facciali e cefaliche dei negri e delle scimmie. Tali misure stabilivano una progressione ordinata: dalla scultura greca, come forma ideale che si rivelava nelle razze europee, fino ai negri la più bassa delle specie umane. L'associazione di una supposta antropologia scientifica con criteri estetici si rivelò fondamentale per lo sviluppo del razzismo, che a partire dall''800, prese ad elaborare "tipi ideali".F. J. Gall fondò la frenologia sul principio che le predisposizioni morali e intellettuali degli uomini potevano essere determinate attraverso la configurazione dei loro crani.

Una vecchia versione italianadei Protocolli dei Savi di Sion Le misure del cranio divennero essenziali, per la c.d. "biologia razziale", allo scopo di determinare il "tipo ideale". Sebbene in un antropologia siffatta l'osservazione scientifica fosse intrecciata con giudizi estetici e morali, durante il'700 rimasero in primo piano i fattori ambientali. Ma quei pensatori che si preoccupavano di esaltare lo sviluppo storico "organico" di un popolo, però, avevano già negato l'importanza dei fattori ambientali, Essi ricevendo un potente sostegno da Kant, che si servì del concetto antropologico unicamente per staccarlo dall'influenza del clima o della geografia. La purezza di una razza era essenziale e doveva essere mantenuta nonostante le circostanze esterne. Per Kant, i Negri e i Bianchi costituivano razze separate dato che non era mai accaduto che si mescolassero nel corso della storia. Kant, comunque, non postulò mai la superiorità di una razza su tutte le altre: come Herder, egli apparteneva all'illuminismo.Una volta che l'importanza dei fattori ambientali era stata messa in dubbio in nome della purezza razziale, gli antropologi iniziarono ad occuparsi sempre più dell'origine delle razze. Alcuni credevano, seguendo il racconto della Genesi, ad un'origine comune di tutte le razze (monogenisti), mentre altri ritenevano che le differenze fisiche tra gli uomini fossero troppo grandi per essere ricompresse in un'unica specie (poligenismo). Questa concezione fu sostenuta dapprima nel'700 da coloro che volevano sbarazzarsi del pensiero religioso e biblico, per diventare poi, nell''800, un mezzo ulteriore cui ricorrere per distinguere una razza pura da tutte le altre. Gli antropologi, così come gli storici e i linguisti, ipotizzarono la presenza di un'essenza ereditaria, manifestatesi nelle peculiarità visibili che contrassegnano i membri di una razza.Queste idee venivano diffuse attraverso una serie di società culturali, come la Société Ethnologique di Parigi (1839), la quale proclamava che le razze dovevano essere distinte per "organizzazione fisica, carattere morale e intellettuale, e tradizioni storiche". La supposta identità di razza e di cultura era anche sulla base del programma dell'Ethnological Society di Londra (1834). Antropologi e linguisti avevano già preparato la strada ad una corrente che considerava tutte le razze straniere come occupanti una qualche posizione intermedia tra gli uomini e le scimmie. Dalla metà dell''800 in poi molte società scientifiche, come l'Anthropological Society di Londra (1863), assunsero atteggiamenti nettamente razzistici verso i popoli che erano oggetto delle loro ricerche. Uomini come J. Hunt adottarono l'argomento poligenista secondo cui le suture craniche del Negro si chiudono prima di quelle dell'uomo bianco, limitando così il suo sviluppo mentale. Il razzismo prendeva slancio fra i popoli europei radicandosi saldamente in una parte della popolazione colta e istruita.SVILUPPO DELL'IDEOLOGIA RAZZISTICA SINO ALLA GRANDE GUERRA.L'Essai sur l'inégalité des races humaines (1853-1855) del conte A. de Gobineau è basato sull'antropologia e la linguistica quali si erano venuti sviluppando verso la metà del secolo, alle quali egli aggiunse un'accentuazione politica e culturale: le sue teorie razziali miravano a spiegare gli sconvolgimenti sociali e politici del suo tempo. Nelle sue mani il razzismo divenne una spiegazione della decadenza dell'età moderna e, sotto

La differenza fra razze in unostudio comparativo del sec. XVIIIquest'aspetto, egli preannuncio lo sfruttamento politico che del razzismo si sarebbe fatto in tempi successivi. Gobineau temeva da un lato la formazione di un governo centralizzato e dall'altro il prepotere del volgo. Insieme, questi due fattori stavano, infatti, distruggendo la vera nobiltà e libertà. La chiave per spiegare questo sviluppo stava in un mondo costituito da razze superiori e razze inferiori.A tal proposito Gobineau classificò le razze nere, gialle e bianche a seconda della struttura sociale e della società che avevano prodotto. Le razze gialle si erano mostrate abili nel commercio e nell'industria, ma incapaci di guardare al di là di siffatte conquiste materiali. Le razze nere erano incapaci di produrre società stabili ed erano sempre bisognose di controllo esterno. Soltanto la razza bianca rappresentava tutto ciò che egli riteneva nobile: una superiore spiritualità, l'amore per la libertà e un codice personale fondato sull'onore. Gobineau si servì di tale classificazione "scientifica" delle razze allo scopo di delineare un modello per la sua epoca. Il libro ebbe scarsa popolarità e influenza, ma resta significativo come indicazione del successivo orientamento del razzismo nel quale tendevano ormai ad emergere giudizi e valutazioni di natura esplicitamente non scientifica. Così Klemm divise l'umanità in razze attive e passive.Questo tema venne divulgato più tardi in Geschlecht und Charakter di O. Weininger (1903), nel quale si dava ad intendere che gli Ebrei erano la razza femminile e passiva mentre l'ariano era mascolino e creativo. Il libro di Weininger divenne un punto di riferimento della successiva letteratura razziale. Un altro contemporaneo di Gobineau, C. G. Carus, fece progredire ulteriormente il pensiero razzista verso la costruzione di una mistica razziale. Carus, come P. Camper prima di lui, si concentrò sulla ricerca dei tipi razziali ideali, determinati dalla forza mistica del sole.Il tipo ariano ideale aveva una pelle chiara, mentre i capelli biondi e gli occhi azzurri riflettevano la forza vitale simboleggiata dal sole. Idee del genere si dirigevano contro le razze che non partecipavano al tipo ideale. Nella seconda metà dell''800 un razzismo di questa sorta venne applicato dai tedeschi nei confronti dei francesi e viceversa, ma fu soprattutto l'antisemitismo ad alimentare le idee razzistiche. La ragione di ciò era semplice: gli Ebrei sembravano rappresentare una cultura straniera nel cuore dell'Europa. Finché gli Ebrei erano stati costretti a vivere nei ghetti, pochi autori avevano mostrato interesse per loro, ma, con l'emancipazione ebraica all'inizio dell''800, l'atteggiamento cambiò. L'emancipazione era stata concessa sulla base del presupposto che gli Ebrei si sarebbero liberati di quelle che l'illuminismo aveva considerato le loro qualità negative: la preferenza per le attività commerciali e le superstizioni della loro religione. Non appena gli Ebrei, però, ottennero il diritto di cittadinanza e cominciarono a competere con successo nelle attività economiche e nella vita sociale, i loro nemici, li accusarono di perseverare nelle loro abitudini "ebraiche" malgrado l'emancipazione.Un tale sentimento antiebraico non doveva però condurre necessariamente al razzismo poiché c'erano coloro che continuavano a credere che il "buon ebreo" potesse liberarsi delle sue qualità "giudaiche". Coloro invece che credevano nelle differenze razziali cominciarono a patrocinare la guerra razziale. Nella seconda metà del secolo, il darwinismo dette un fondamento scientifico alle idee di guerra e di lotta e, una volta di più, gli atteggiamenti irrazionali maturati in precedenza si dimostrarono più importanti della teoria scientifica alla quale pretendevano di collegarsi. Il darwinismo sociale proclamò che la sopravvivenza dei più idonei, insieme col diritto della forza, costituiva il principio in base al quale governare la vita degli uomini e degli Stati.La razza doveva dimostrarsi abbastanza "idonea" da vincere la lotta. I libri assai popolari del darwinista E. Haeckel propagandarono l'idea secondo cui la storia biologica di un individuo deve ricapitolare in forma abbreviata l'evoluzione biologica dei suoi antenati.Il principio della sopravvivenza dei più idonei aizzava una razza contro l'altra. In maniera abbastanza tipica, il giornalista tedesco W. Marr intitolò il suo libro Der Sieg des Judenthums über das Germanenthum (1867): gli ebrei hanno intrapreso una guerra contro i

Gruppo di militari delle SSseguono una lezione di biologiatedeschi e sono sul punto di riportare la vittoria finale attraverso la dominazione economica; è una guerra di razze e pertanto nessun compromesso è possibile. In libri influenti come Politiche Antropologie (1903) L .Woltmann sosteneva le guerre di conquista sul fondamento della necessità di sopravvivenza della razza; a ciò associava la tradizionale prova linguistica della superiorità ariana. Tali prove di superiorità ariana s' incrociavano con giudizi estetici, dal momento che solo gli ariani, diceva Woltmann, riproducevano le "proporzioni assolute della bellezza architettonica" secondo il paradigma greco. C'era poco da stupirsi se la "razza tedesca era stata scelta per dominare la terra".Questo tema era anche al centro di Die Grundlagen des neunzehnten Jahrhunderts (1899) di H. S. Chamberlain: i tedeschi erano i salvatori della storia mondiale e i portatori della cultura occidentale; tutte le conquiste culturali dei tempi moderni testimoniavano la fiamma del loro spirito, uno spirito temprato attraverso una lotta incessante. Gli ariani esistevano in mezzo a "un caos di razze", ma c'era una razza che era rimasta pura ed era la principale antagonista nella lotta senza fine per la sopravvivenza. Gli Ebrei erano incapaci di pensiero e di cultura superiore, erano caratterizzati da una ferrea volontà di potenza priva di qualsiasi profondità metafisica. La guerra razziale di Chamberlain era una guerra totale, che poteva terminare soltanto con lo sterminio o con la vittoria. Gli ariani avevano bisogno di un condottiero allo scopo di trionfare sugli Ebrei, e verso la fine della propria vita Chamberlain credette di averlo trovato in Hitler. Il libro di Chamberlain è un classico del pensiero razzistico; esso non ebbe solo vasta diffusione ma rappresentò la summa del razzismo ottocentesco.Anche il popolare Rembrandt als Erzieher (1890) di J. Langbehn concorse a favorire l'adozione di una religione razziale.Per Langbehn lo spirito vitale discendeva dal cosmo del Volk. Il razzismo veniva trasformato in un misticismo basato sui movimenti occultistici. Langbehn non era solo, poiché a Monaco, dopo la fine del secolo, un intero gruppo di filosofi "cosmici" formulò idee simili. Per loro, il sangue ariano possedeva una particolare qualità che l'univa al mondo extrasensibile e gli consentiva di riflettere il cosmo. Coloro che vennero a contatto con questo razzismo mistico avanti la prima guerra mondiale dovevano farsene sostenitori nel dopoguerra. Tra questi Hitler fu certamente il più importante. La creazione dell'ariano non fu più discussa, da questi razzisti, in termini di poligenismo, ma fu considerata come il prodotto di una gestazione divina, una scossa elettrica prodotta dalla forza vitale del cosmo. Ci furono, però, altri razzisti che tentarono di mantenere il contatto con i fondamenti scientifici del razzismo. Il darwinismo sociale favorì l'interesse all'eugenetica; la razza pura doveva, infatti, riprodursi nel modo giusto, per assicurarsi la sopravvivenza nella lotta universale dell'uomo e della natura.In Inghilterra Fr. Galton credeva che la natura stessa assicurasse la sopravvivenza dei più idonei, e che l'interferenza umana per proteggere il debole e l'infermo avrebbe portato al declino della razza. G. Vacher de Lapouge (L'Aryen. Son rôle sociale, 1890) associò l'asserita necessità di un eugenetica con l'ideale, sostenuto da Gobineau, della superiorità ariana. Ma fu soprattutto in Germania che una siffatta eugenetica razziale divenne popolare. Sistemi furono escogitati per permettere agli ariani di riprodursi in condizioni ideali. Il culmine di questo sviluppo si ebbe nella Germania nazista, con il tentativo delle SS di assicurare la purezza razziale attraverso l'accoppiamento controllato di autentici e selezionati partners ariani. Programmi del genere prevedevano anche l'eutanasia, che i nazisti dovevano praticare in seguito. Divenne un luogo comune dell'eugenetica razziale il principio che, nell'interesse della sopravvivenza razziale, il malato incurabile, il pazzo o il fisicamente deforme dovessero essere sterminati.Attraverso l'eugenetica, lo stereotipo ariano divenne una "profezia che si autoadempie": se la razza non lo rifletteva, allora le sue fila dovevano essere purificate finché il tipo ideale non prevalesse. In Francia il cattolicesimo frappose ostacoli al pieno sviluppo delle dottrine razziali, specialmente tra le classi medie e superiori. L'antisemitismo era stato un fenomeno di sinistra piuttosto che di destra sin dai tempi dei primi socialisti. L'ebreo era il simbolo dello sfruttatore della classe lavoratrice, idea che doveva perdurare ancora

Bimbo disabile tedescodestinato ai crematori di Hitler durante l'affare Dreyfus. E. Drumont, il cui France juive(1886) rese popolare l'antisemitismo, evidenziò quest'aspetto della supposta cospirazione ebraica per dominare la Francia. Egli scriveva sullo sfondo del fallimento della Compagnia del Canale di Panama, in cui erano coinvolti gli Ebrei. Gli antidreyfusiani come Drumont e M. Barrés parlarono della razza francese come antitetica alla razza ebraica, pur rimanendo attenti a rendere verbalmente omaggio alla religione ebraica.Il giudaismo non doveva essere toccato, anche se gli Ebrei moderni avevano perduto ogni caratteristica religiosa nella loro spinta verso il potere economico e politico. Essi sostenevano che l'ebreo usava le dottrine marxiste della guerra di classe allo scopo di distruggere il tessuto della nazione. I lavoratori erano l'anima della Francia, e il capitalismo finanziario che li opprimeva e disuniva faceva parte dell'universale cospirazione ebraica. In Germania E. Dühring in Die Judenfrage(1880) sostenne idee analoghe e patrocinò un'economia socialista basata sul principio dell'autosufficienza nazionale. Abbastanza tipicamente, però, il suo socialismo si combinava con esplicito razzismo, che guardava agli antichi dei germanici, che dovevano infondere nei tedeschi il senso dell'unità nazionale e il coraggio per eliminare gli ebrei. Un simile appello al misticismo razziale, di regola mancava in Francia. In Europa tutti i fautori di un socialismo nazionale guardavano ai lavoratori come all'anima della nazione o almeno come una sua parte significativa, includendo l'operaio nella stessa categoria del contadino, che il razzismo aveva già esaltato per aver preservato i propri legami con le radici storiche della razza.I contadini avevano infatti resistito al mutamento e avevano conservato una presunta purezza. L'operaio doveva, adesso, fare altrettanto. Un siffatto socialismo nazionale era fortissimo in Francia avanti la prima guerra mondiale: in Europa centrale e in Germania l'epoca del suo trionfo doveva venire dopo il 1918. Il principale contributo francese al razzismo durante la seconda metà del XIX secolo, in realtà, furono i Protocolli dei Savi di Sion, un falso fabbricato nel mezzo dell'affare Dreyfus. Questi Protocolli erano spacciati per il verbale di una riunione segreta dei capi dell'ebraismo internazionale nel corso della quale si sarebbe programmata la conquista del mondo attraverso l'astuzia e la forza. L'effettiva fabbricazione dei Protocolli avvenne a Parigi per ordine del capo della Ochrana russa. Come membro della destra russa, egli aveva accettato in pieno le idee razziste, che dalla Germania erano emigrate verso Oriente. La stesura del testo fu però dovuta ai francesi. Tale documento sembrò ribadire le teorie della cospirazione, che erano diventate parte integrante del pensiero razziale e dovevano poi essere accettate da tutti i razzisti dopo la prima guerra mondiale.L'Italia costituì un'area di ristagno del pensiero razzista. Il cattolicesimo da un canto e il nazionalismo umanistico esemplificato da G. Mazzini dall'altro posero forti barriere allo sviluppo del razzismo. Certamente, l'antisemitismo cattolico esisteva in Italia come in Francia, ma non arrivò a formare una tradizione razzista.La più efficace alleanza tra razzismo e nazionalismo si realizzò nell'Europa centrale e orientale. In molte nazioni, come l'Ungheria, la Romania e la Polonia, gli ebrei costituivano il settore più "visibile" della classe media commerciale, e tutti i fattori-sopra discussi- cui si richiamavano i fautori di un socialismo nazionale potevano entrare in gioco. La presenza di una cultura dei ghetti urbani incoraggiava poi la credenza nelle differenze razziali. Per di più, era poi sopravvenuta bruscamente in alcune nazioni, come in Germania, la rivoluzione industriale, e le idee razziste contribuivano a mantenere una coesione nazionale che la lotta di classe sembrava sul punto di distruggere.Inoltre, tutte queste nazioni avevano territori irredenti da rivendicare. Il nazionalismo era una fortezza assediata all'interno e all'esterno, e il razzismo poteva essere adoperato per giustificare l'esclusività e la superiorità etnica. Un siffatto nazionalismo si risolveva, in pratica, in continui tentativi di annullare l'emancipazione ebraica. In Germania sorse, durante i due ultimi decenni dell''800, tutta una serie di partiti e gruppi antisemiti. Alcuni, come il Partito cristiano-sociale di A. Stoecker, che ebbe una certa importanza tra il 1878 e il 1890, erano conservatori e basavano il proprio antisemitismo sull'ortodossia protestante. Ma altri, come la Lega contadina dell'Assia(1887-1894) di O. Boeckel e le varie leghe antisemite fondate da uomini come l'infaticabile Th. Fritsch, erano di orientamento socialnazionale e razzista. Il culmine fu raggiunto nel 1893, quando i gruppi uniti dell'antisemitismo raccolsero qualcosa come 116.000 voti, dopo di che cominciò il loro rapido declino.

Soldato coloniale italianoporta la civiltà in AfricaPiù importante fu l'alleanza del Partito conservatore tedesco con le forze antisemite (Programma di Tivoli, 1892). Sebbene i conservatori pensassero inizialmente che occorreva escludere gli ebrei perché la Germania era uno stato cristiano, un'influente fazione del partito divenne razzista attraverso i suoi legami con l'Associazione dei grandi proprietari terrieri, che aveva diffuso il razzismo per molti anni. Sino alla prima guerra mondiale i conservatori non fecero appello alla violenza; tranne che nella Russia zarista, dove ai pogrom faceva ricorso di quando in quando la politica governativa, gli appelli alla violenza si limitavano a gruppi periferici.DA IDEOLOGIA A MOVIMENTO DI MASSA. RAZZISMO E FASCISMIPrima del 1918 il razzismo trovò un terreno favorevole anche in diverse piccole sette, che si facevano guerra l'un l'altra. Si trattava di che sette continuavano la tradizione mistica piuttosto che quella "scientifica" del razzismo, interessandosi all'ariano come creatura del sole, ai suoi legami col cosmo, e traendo il proprio tipo ideale da fantasie del genere anziché dall'antropologia o dalla linguistica. Lanz von Liebenfels, per esempio, destinò la sua rivista, che vendeva per le strade di Vienna, espressamente alla razza bionda: al titolo "Ostara"( la dea germanica della primavera) seguiva, infatti, la dicitura "Zeitschrift für Blonde". E a Vienna dovette leggerla anche Hitler, il cui razzismo proveniva da fonti di questo tipo. Esso si basava sulla paura del misterioso e dell'ignoto; come ci racconta in Mein Kampf, Hitler divenne, infatti, un antisemita dopo aver visto gli ebrei dell'Europa orientale nei loro strani abiti per le strade di Vienna. Lo scontro di culture, cui abbiamo accennato sopra, ebbe una parte notevole nel fornire all'incolto e ingenuo provinciale una visione del mondo. La fine della prima guerra mondiale vide l'attuazione attiva del razzismo in Europa. Sebbene il pensiero razzista non mutasse in maniera significativa, dopo il 1918 parecchi nuovi fattori contribuirono a fornirgli una giustificazione. La psicologia cominciava a porre in risalto le differenze razziali: non la psicologia di Freud, ma, per esempio, quella associata con Jung in Europa. La psicologia di Jung tendeva a sconfinare in un simbolismo mistico: e l'accento posto su archetipi immutabili assumeva facilmente connotazioni razziali.Il successo della rivoluzione bolscevica aggiunse un'importante dimensione alla dinamica del pensiero razzista. I profughi della destra russa diffusero in Europa occidentale i Protocolli dei Savi di Sion, e il bolscevismo fu considerato come un esempio del successo della cospirazione mondiale ebraica.Tuttavia, tra le novità del razzismo dopo la guerra, l'elemento cruciale fu rappresentato dalla sua crescita come movimento di massa. In Europa il razzismo come movimento di massa tentò realmente di conquistare il potere. L'antropologia e la linguistica continuarono a svolgere un certo ruolo, ma quello che venne alla ribalta fu l'elemento mistico del razzismo. Esso si prestava meglio al simbolismo associato con la propaganda e le riunioni di massa. Hitler credeva in una "scienza segreta" che era la vera conoscenza; Himmler, per esempio, credeva nel "Karma" e pensava di essere la reincarnazione di Enrico il Leone.La giusta guida della razza si esprimeva in un capo che la rappresentasse, riunendo nella sua persona tutte le qualità associate col "mito" appassionato della superiorità razziale. In teoria c'era uguaglianza tra le persone, ma in pratica si stabiliva la disuguaglianza, dovuta alla gerarchia delle funzioni che ciascun membro della razza adempiva su ordine del capo. Le riunioni di massa naziste(e quelle di tutti i movimenti simili nell'Europa centrale e orientale) simboleggiavano questo modello politico e divennero in realtà lo scenario di una liturgia che alla fine soppiantò le istituzioni del governo rappresentativo. Il nazionalsocialismo, infine, introdusse un ciclo di nuove feste nazionali basate sul mistico

I piccoli fascisti generosamentefanno la doccia al 'povero negretto'passato razziale, sul simbolismo solare e sugli eroi caduti. Come movimento di massa, il razzismo si appropriò per i suoi scopi della tradizionale liturgia cristiana: il responsorio cristiano si trasformò negli scambi corali tra la massa e il capo; la "confessione di fede razzista" era solennemente recitata.I nazisti delle SA cantavano apertamente del sangue ebraico che doveva gocciolare dal coltello, e i capi dei movimenti razzisti in altre nazioni richiedevano lo sterminio piuttosto che l'esclusione degli ebrei. L'intensificarsi della violenza condusse anche a una sempre maggiore "disumanizzazione" del nemico. La strada era stata preparata dagli atteggiamenti razzisti verso le razze primitive, che erano ritenute più vicine alle scimmie che all'uomo. In maniera abbastanza tipica D Eckart, che fu il mentore di Hitler nel periodo del suo ingresso nella vita politica dopo la prima guerra mondiale, proclamava che nessun popolo della terra avrebbe lasciato gli ebrei in vita se avesse potuto vedere ciò che erano e ciò che volevano. Hitler accettò pienamente questo punto di vista, e sentenziò anch'egli che il tipo umano inferiore era più vicino alle scimmie che alle razze superiori.Allo scopo di incoraggiare i suoi uomini al genocidio, Himmler paragonava gli ebrei a cimici e topi, animali nocivi che dovevano essere sterminati. Alla documentazione provvedeva la propaganda di massa, che mostrava le "tipiche" facce ebraiche accompagnata da didascalie indicanti la scarsa rassomiglianza dei volti così ritratti con quelli degli esseri umani. La schematizzazione inerente a tutto il pensiero razzista giungeva così alle sue estreme conseguenze: gli stereotipi prendevano il posto degli uomini e delle donne reali.Le conseguenze del razzismo si manifestarono pienamente nel modo di attuazione del genocidio, modo contraddistinto da una sistematicità burocratica che spogliava le vittime di ogni loro caratteristica individuale.Le tappe più importanti nella preparazione al genocidio sono facilmente individuabili. Essenziali furono le "leggi di Norimberga"(1935), poiché non solo legalizzarono la separazione degli ebrei, ma chiarirono in modo esplicito chi dovesse essere considerato ebreo, ciò che il pensiero razzista precedente non aveva definito con sufficiente precisione giuridica.Alla fase giuridica seguì poi l'arianizzazione dell'economia e la spinta all'emigrazione. Lo scoppio della guerra e le vittorie militari naziste fecero maturare il momento della "soluzione finale" della questione ebraica. Essa era stata preparata da lungo tempo; ora la guerra forniva uno schermo dietro al quale era possibile tradurla in pratica. Inoltre, le vittorie militari avevano portato altri milioni di ebrei sotto il controllo nazista. Il 31 luglio 1941 H. Goering affidò al Sicherheitsdienst di R. Heydrich la preparazione e l'esecuzione del genocidio.Il primo passa fu ancora una volta l'isolamento degli ebrei, conseguito questa volta non per via giuridica, ma mediante la loro concentrazione, nell'Europa orientale, in ghetti di nuova istituzione. Nell'Europa occidentale il campo di transito prese spesso il posto del ghetto.Da questi luoghi di raccolta gli ebrei venivano deportati nei campi di sterminio. L'esecuzione stessa dei massacri avveniva nel modo più impersonale possibile. In principio furono impiegati plotoni di esecuzione ma, ben presto, si fece ricorso ai gas, in carri mobili appositamente attrezzati(1941). Infine, venne istituita la camera a gas(1942), accolta con sollievo da coloro che erano coinvolti nella soluzione finale, data che essa evitava ai carnefici il contatto diretto con le proprie vittime, le quali venivano preparate alla sottomissione dalle guardie attraverso una vera e propria guerra psicologica consistente nell'umiliazione costante, nell'incoraggiamento alla rivalità e all'odio tra le vittime stesse e al mantenimento di un atteggiamento di sottomissione mediante la concessione di favori che potevano significare la sopravvivenza. I nazisti tentarono di ridurre gli ebrei allo

Il soldato italiano invia al paeseun ricordo della sua vita africanastereotipo dell'ideologia razzista, ma questa tattica fallì: i costanti tentativi di trasformare il razzismo in una profezia che si auto adempie non produssero né un'ideale ariano né uno stereotipo ebraico.Il genocidio degli ebrei fu accompagnato dall'applicazione di una politica diversa nei confronti dei popoli slavi, i quali dovevano essere mantenuti nel loro stato di primitivismo e analfabetismo, sprovvisti di qualsiasi cultura."Gli slavi- affermava Hitler- sono tenuti a lavorare per noi. Coloro di cui non abbiamo bisogno possono anche morire [.]. L'istruzione è pericolosa. Sarà sufficiente che possano contare fino a cento[.]. Ogni persona istruita è un nostro futuro nemico[.]. Quanto ai viveri non ne avranno più dello stretto necessario. Noi siamo i padroni. Veniamo prima noi". Si applicarono a questo riguardo le teorie razziste sui popoli primitivi e ancora una volta, attraverso l'uso della forza, il mito tentò di diventare realtà.I nazisti cercarono appoggi alla loro politica razziale nei governi dell'Europa orientale, che ad eccezione dell'Ungheria, erano saliti al potere in seguito alle vittorie tedesche. I dittatori conservatori, tuttavia, indietreggiarono o tergiversarono di fronte alle richieste naziste di deportazione degli ebrei. In Occidente la resistenza fu più netta in quanto il razzismo non aveva mai messo radici profonde prima dell'instaurazione del predominio nazista su tutti i movimenti fascisti. Nell'Europa occidentale il fascismo aveva preso come modello l'Italia, e il fascismo italiano non fu razzista fino al 1938. Quando Mussolini additò, infine, una politica razzista, ciò si verificò in parte perché cercava di dare un nuovo slancio al suo regime ormai logoro, e in parte anche per le pressioni dei suoi nuovi alleati nazisti. Ad ogni modo i fascisti italiani dovevano ora andare a cercare una tradizione razzista autoctona, di cui non c'erano che scarse tracce. La maggior parte degli scrittori razzisti italiani, come per es. G. Preziosi, si limitarono semplicemente ad adattare il razzismo straniero al passato romano dell'Italia. Non appena comunque il fascismo italiano divenne partner più debole dell'alleanza dell'Asse e Mussolini stesso ebbe adottato una politica razziale, tutto il fascismo europeo divenne razzista.Il razzismo come elemento della politica di governo cadde largamente in discredito dopo la seconda guerra mondiale. Lo stereotipo ha continuato a informare la mentalità di molti: è accaduto di nuovo che la struttura corporea e l'aspetto esteriore siano associati alla vera moralità e agli ideali razziali in campo estetico. Le leggendarie "radici storiche" hanno continuato a formare una parte del nazionalismo moderno.Il razzismo dunque è definito dalla storia che lo ha prodotto. Dai suoi inizi ancorati al terreno scientifico e storiografico nel'700 esso è diventato, verso la metà dell''800, una visione del mondo pienamente sviluppata. I razzisti hanno celebrato il proprio trionfo nel periodo tra le due guerre mondiali, spacciandosi come difensori dei valori tradizionali. Chi può escludere che, ove tali valori( per es. la moralità o la nazionalità) siano in pericolo, il razzismo si erga ancora una volta a loro protettore?Le guerre degli anni 90 nell'ex Jugoslavia hanno in parte dimostrato questa affermazione. Non può destare stupore che neppure gli orrori scatenati dal razzismo sull'umanità abbiano distrutto gli atteggiamenti da esso creati: la verità è che un movimento di tale potenza e influenza lascia la sua impronta sulla storia per molte generazioni.
BIBLIOGRAFIA
Hitler e gli ebrei. Genesi di un genocidio, di P. Burrin - Marietti, Genova 1994.
I papi contro gli ebrei. Il ruolo del Vaticano nell'ascesa dell'antisemitismo moderno, di D. Kertzer - Rizzoli, Milano 2002.
Il nazismo e lo sterminio degli ebrei, di L. Poliakov - Einaudi, Torino 1975.
Il razzismo in Europa. Dalle origini all'olocausto, di G. Mosse - Laterza, Bari 2003.
La Seconda guerra mondiale, di R. Mangiameli, in Manuale di Storia Contemporanea, - Donzelli, Roma 1997.
La nazionalizzazione delle masse, di G. Mosse - il Mulino, Bologna 1975.
Le origini culturali del Terzo Reich, di G. Mosse, - Il Saggiatore, Milano 1968.
Mussolini e la questione ebraica, di M. Michaelis - Edizioni di comunità, Milano 1982.
L'ordine del terrore, di Sofsky W. - Laterza, Roma-Bari 1993.
Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, di R. De Felice - Einaudi, Torino 1993.

cultura rom e sinti

http://www.vurdon.it/06.htm

domenica 23 dicembre 2007

lLA CHIESA ED I POTENTI DELLA TERRA

La Chiesa dei potenti della terra===========================Sarkozy e Blair, due potenti del mondo, compiono due importanti operazioni politiche e propagandistiche a favore della Chiesa di Ratzinger: Sarkozy accetta il titolo di Canonico(non sapevo dell'esistenza di questa nicchia tra i servitori del Papa) e dichiara subito le radici cristiane della Francia mentre Blair si converte al cattolicesimo, operazione di proselitismo dal grande impatto propagandistico che dovrebbe convincere i cristiani anglicani a traghettare il Tevere.Tutti e due non vantano requisiti personali impeccabili: Blair ha contribuito alla più sanguinosa guerra che da sei anni affligge una vasta area del mondo mentre Sarkozy ha aizzato i cani contro i poveri delle banlieues personalmente non può dirsi a posto secondo i canoni cattolici essendo concubino pubblico della nostra procace top model Carla Bruni. Ma, come è noto, la sapiente diplomazia vaticana non bada a questi piccoli particolari e sotto sotto fa filtrare il convincimento che uomini di particolare importanza sociale come un Presidente o un ex Primo Ministro non possono essere giudicati con la morale buona per tutti. Insomma, ricordando il principio "cuius regi eius religio" la Chiesa di Ratzinger ritiene che la conquista di due importanti pedine possa influenzare la sua crescita di attrattiva e di prestigio ed aiutarla a penetrare ancora più profondamente laddove è fallita. Per esempio, nella Russa Ortodossa di Putin e nella Cinadel comu-liberismo di oggi. Resto convinto che si tratta di operazioni controproducenti che allontanano la Chiesa dai popoli piuttosto che avvicinarla: Sarkozy non è e non sarà mai la Francia. E' un rappresentante di ceti ricchi e predatori che oggi sono in auge ma che sono destinati a cedere il passo ad altre forze più civili e democratiche mentre Blair sarà detestato ancora di più per questa conversione essendo stati i motivi della scissione anglicana motivi di forte significato nazionalistico e di verocongiungimento di quella Chiesa con le aspirazioni del popolo inglese. Conquistare la fiducia del mondo attraverso il proselitismo dei potenti oggi è molto difficile. Che dirà la Chiesa del suo canonino quando sguinzaglierà di nuovo i suoi cani e i suoi gendarmi contro i quartieri poveri di Parigi?Pietro

venerdì 21 dicembre 2007

lettera al Messaggero

----- Original Message -----
From: pietroancona@tin.it
To: messaggero
Sent: Friday, December 21, 2007 9:30 AM
Subject: occupazione e monte salari

Caro Prof.Savona,

nel suo scritto di oggi lei nota come dato positivo la crescita dell'occupazione segnalata dall'Istat. Il dato, più che positivo, è la causa del miglioramento di altri "fondamentali" del Paese che lei giudica comunque insufficienti se non accompagnate da robuste riforme del tipo inglese.
Vorrei richiamare la sua attenzione sul rapporto tra aumento occupazione e monte salari. Il monte salari è aumentato proporzionalmente all'aumento della occupazione? Ritengo di no.
Se io avessi ragione ( ed ho ragione)dovrei dedurne che l'aumento dell'occupazione non ha arricchito complessivamente il Paese ma soltanto coloro che ne hanno tratto direttamente profitto. A fronte di questi, i poveri e miserabili salari percepiti dalla nuova occupazione hanno sensibilmente aumentato l'area della sofferenza, della infelicità e della insoddisfazione della popolazione italiana specialmente la più giovane che corrode assai di più di una economia stagnante.
Cordiali saluti.
Pietro Ancona
già membro del CNEL
http://www.ilmessaggero.it/view.php?data=20071221&ediz=20_CITTA&npag=1&file=SAVONA

mercoledì 19 dicembre 2007

in difesa del Manifesto

Carissimo Manifesto,

ti prego di restare come sei: non cambiare.Sei la solo voce rimasta a sinistra. L'Unità è giunta fino al punto di essere "bipartisan", di ospitare indifferentemente opinioni pro o contro sulle questioni della pace, del welfare, della emigrazione, come fosse il Corriere o altro giornale. Liberazione è diventata sostanzialmente falsa. Parla un linguaggio che è esattamente il contrario di tutto cio che la delegazione di rifondazione comunista al governo fa. La sinistra al governo ha lavorato in squadra sotto la direzione di Prodi approvando tutto compreso il riarmo e lo stesso abominevole decreto sulla sicurezza mentre il giornale ha continuato ad esprimersi nella lingua dell'opposizione. Non ha mai aperto un dibattito sulla azione di governo, sulle posizioni leaderistiche (padronali) di Bertinotti che si inciucia con Veltroni e Berlusconi e sugli infortuni ha rinviato al futuro la discussione di un provvedimento etcc..etcc...
La critica che si rivolge al Manifesto di arricciare il naso ed essere senza un progetto è veramente sconcertante! E' la critica di coloro che dicono che bisogna farsi carico delle difficolta, sporcarsi le mani, di non essere massimalisti. Era la critica che si rivolgeva a Riccardo Lombardi direttore dell'Avanti da parte dei ministerialisti.
Ebbene quale è il progetto? Quali margini si è dato la sinistra nella sua azione di governo? Si à mai intestata un'azione, una iniziativa, una proposta? Niente, assolutamente niente!! Con molta incertezza si è richiamata al programma di governo ignorando cone Prodi lo abbia monocraticamente cambiato due volte. E' integrata in un governo iperliberista.
Se il "Manifesto" diventa realista, se non arriccia più il naso, se si da il progetto che peraltro non esiste in nessuna area della sinistra,
se dà per buona la Cosa Rossa quando Bertinotti l'ha svenduta il giorno stesso che è nata, ebbene il popolo di sinistra resterà senza voce.
Ecco: questa è l'unica vera grande responsabilità del Manifesto: continuare a dare voce al popolo di sinistra, costituire una alternativa critica, un serbatoio di idee e di speranza per una sinistra migliore capace di affrancarsi dall'idea che per andare al governo bisogna se non prostituirsi piegarsi alla volontà della Binetti o di Montezemolo.
Vi voglio bene,

Pietro Ancona
segretario generale cgil sicilia in pensione
già membro del CNEL

martedì 18 dicembre 2007

17 dicembre 2007: Moratoria Pena di Morte



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Politica


Il testo della risoluzione al voto
Ecco il testo della risoluzione sulla moratoria della pena di morte che sarà votata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite:«L'Assemblea generale, guidata dagli obiettivi e dai principi contenuti nella Carta delle Nazioni Unite;Richiamando la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo, la Convenzione Internazionale sui diritti civili e politici e alla Convenzione per i diritti del bambino;Richiamando le risoluzioni sulla questione della pena di morte adottate nel corso degli ultimi dieci anni dalla Commissione per i diritti umani in tutte le sue sessioni consecutive, la più recente essendo la E/CN4/RES/2005/59 che ha esortato gli Stati che mantengono la pena di morte ad abolirla completamente e, nel frattempo, a stabilire una moratoria sulle esecuzioni;Richiamando gli importanti risultati raggiunti dalla ex Commissione per i Diritti umani sulla questione della pena di morte e contemplando che il Consiglio per i diritti umani possa continuare a lavorare su questo tema;Considerando che la messa in atto della pena di morte va a minare la dignità umana e convinti che una moratoria sull'esecuzione della pena di morte contribuisca alla promozione e al progressivo sviluppo dei diritti umani; che non c'è prova definitiva del valore della pena di morte come deterrente; che qualsiasi errore o fallimento della giustizia sull'applicazione della pena di morte è irreversibile e irreparabile;Accogliendo le decisioni prese da un sempre maggiore numero di stati nell'applicare una moratoria sulle esecuzioni, seguita in molti casi dall'abolizione della pena di morte;1) Esprime la sua profonda preoccupazione per il sussistere dell'applicazione della pena di morte; 2) Esorta gli stati che mantengono la pena di morte a: a) rispettare gli standard internazionali che salvaguardano i diritti di coloro che sono in attesa dell'esecuzione della pena capitale, in particolare gli standard minimi, come stabilito dall'allegato alla risoluzione 1984/50 del Consiglio economico e socialeb) fornire al Segretario generale informazioni riguardanti la messa in atto della pena capitale e l'osservanza delle clausole di salvaguardia dei diritti di coloro che sono in attesa dell'esecuzione della pena di mortec) restringere progressivamente le esecuzioni e ridurre il numero dei reati per i quali la pena di morte può essere impostad) stabilire una moratoria sulle esecuzioni in vista dell'abolizione della pena di morte.3) Esorta gli stati che hanno abolito la pena di morte a non reintrodurla; 4) Chiede al Segretario generale di riferire sull'applicazione di questa risoluzione nella 63esima sessione; 5) Decide di continuare la discussione sul tema nella 63esima sessione all'interno dello stesso punto dell'agenda».
Pubblicato il 18.12.07


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domenica 16 dicembre 2007

tolleranza Voltaire

Tolleranza
dal Dizionario Filosofico di Voltaire
I
Che cos'è la tolleranza? È la prerogativa dell'umanità. Siamo tutti impastati di debolezze e di errori: perdoniamoci reciprocamente i nostri torti, è la prima legge di natura.
Alla Borsa di Amsterdam, di Londra, di Surat, o di Bassora, il ghebro, il baniano, l'ebreo, il musulmano, il deicola cinese, il bramino, il cristiano greco, il cristiano romano, il cristiano protestante, il cristiano quacchero trafficano insieme; nessuno di loro leverà il pugnale contro un altro per guadagnare anime alla propria religione. Perché, allora, ci siamo scannati a vicenda quasi senza interruzione, dal primo concilio di Nicea in poi?
Costantino cominciò col promulgare un editto che permetteva tutte le religioni, e finì col perseguitarle. Prima di lui si era combattuto contro i cristiani solo perché cominciavano a costituire un partito nello Stato. I romani permettevano tutti i culti, perfino quelli degli ebrei e degli egiziani, per i quali provavano tanto disprezzo. Perché Roma li tollerava? Perché né gli egiziani, né gli stessi giudei, cercavano di distruggere l'antica religione dell'Impero; non correvano per le terre e per i mari a far proseliti: pensavano solo a far quattrini. Mentre è incontestabile che i cristiani volevano che la loro fosse la religione dominante. Gli ebrei non volevano che la statua di Giove stesse a Gerusalemme; ma i cristiani non volevano ch'essa stesse in Campidoglio. San Tommaso ha il coraggio di confessare che, se i cristiani non detronizzarono gli imperatori, fu solo perché non ci riuscirono. Convinti che tutta la terra dovesse essere cristiana, erano, dunque, necessariamente nemici di tutta la terra, finché questa non fosse convertita.
Erano inoltre nemici gli uni degli altri su tutti i punti controversi della loro religione. Bisogna, anzitutto, considerare Gesù Cristo come Dio? Coloro che lo negano vengono anatemizzati sotto il nome di ebioniti, i quali a loro volta anatemizzano gli adoratori di Gesù.
Alcuni vogliono che tutti i beni siano in comune, come si sostiene che lo fossero al tempo degli apostoli? I loro avversari li chiamano «nicolaiti», e li accusano dei più infami delitti. Altri tendono a una devozione mistica? Vengono chiamati «gnostici» e ci si scaglia contro di loro con furore. Marcione disputa sulla Trinità? Lo si tratta da idolatra.
Tertulliano, Prassea, Origene, Novato, Novaziano, Sabellio, Donato, sono tutti perseguitati dai loro fratelli, prima di Costantino; e appena questi ha fatto trionfare la religione cristiana, gli atanasiani e gli stessi eusebiani si massacrano a vicenda; e, da allora sino ad oggi, la Chiesa cristiana s'è inondata di sangue.
Il popolo ebreo era, lo ammetto, un popolo assai barbaro. Scannava senza pietà tutti gli abitanti di uno sventurato piccolo paese, sul quale non aveva più diritti di quanti ne abbia oggi su Parigi e su Londra. Tuttavia, quando Naaman guarì dalla lebbra per essersi immerso sette volte nel Giordano; quando, per testimoniare la sua gratitudine a Eliseo, che gli aveva insegnato quel segreto, gli disse che avrebbe adorato per riconoscenza il Dio degli ebrei, riservandosi però la libertà di adorare anche il Dio del suo re e ne chiese il permesso a Eliseo, il profeta non esitò a concederglielo. Gli ebrei adoravano il loro Dio, ma non si meravigliavano del fatto che ogni popolo adorasse il proprio. Trovavano giusto che Chemosh avesse concesso un certo distretto ai moabiti, purché Dio ne concedesse uno anche a loro. Giacobbe non esitò a sposare le figlie di un idolatra. Labano aveva il suo Dio, come Giacobbe aveva il suo. Ecco degli esempi di tolleranza presso il popolo più intollerante e crudele dell'antichità: noi lo abbiamo imitato nei suoi assurdi furori, e non nella sua indulgenza.
È chiaro che chiunque perseguiti un uomo, suo fratello, perché questi non è della sua opinione, è un mostro. Questo è indiscutibile. Ma il governo, i magistrati, i principi, come si comporteranno con coloro che professano un culto diverso dal loro? Se sono stranieri potenti, è certo che un principe farà alleanza con loro. Il cristianissimo Francesco I, si alleerà con i musulmani contro Carlo V re cristianissimo. Francesco I darà denaro ai luterani di Germania per sostenerli nella loro rivolta contro l'imperatore, ma comincerà, secondo l'uso, col far bruciare i luterani che sono nel suo regno: li finanzia in Sassonia per ragioni politiche; li brucia, per le stesse ragioni, a Parigi. E cosa succederà? Le persecuzioni fanno proseliti; e ben presto la Francia sarà piena di nuovi protestanti. Dapprima, essi si lasceranno impiccare; poi impiccheranno a loro volta. Ci saranno guerre civili, poi verrà la notte di san Bartolomeo; e questo angolo del mondo sarà peggio di tutto quanto gli antichi e i moderni dissero dell'inferno.
Insensati, che non avete mai saputo adorare con purezza di cuore il Dio che vi creò! Sciagurati, che non avete imparato niente dall'esempio dei noachidi, dei cinesi, dei parsi e di tutti i saggi. Mostri, che avete bisogno di superstizioni, come il becco dei corvi ha bisogno di carogne! Vi è già stato detto, e non c'è altro da dirvi: se nella vostra patria ci sono due religioni, gli uomini si scanneranno a vicenda; se ce ne sono trenta, vivranno in pace. Guardate il Gran Turco: egli governa dei ghebri, dei baniani, dei cristiani greci, dei nestoriani e dei romani. Il primo che tenta di provocare un tumulto viene impalato, e tutti vivono tranquilli.
II
Di tutte le religioni, la cristiana è senza dubbio quella che dovrebbe ispirare maggiore tolleranza, sebbene, sino ad oggi, i cristiani si sian mostrati i più intolleranti degli uomini
Gesù, che si degnò di nascere nella povertà e nell'umiltà, come i suoi fratelli, non si degnò mai di praticare l'arte dello scrivere. Gli ebrei avevano una legge scritta fin nei minimi dettagli, e noi non possediamo una sola riga di mano di Gesù. Gli apostoli si divisero su parecchi punti: san Pietro e san Barnaba mangiavano carni proibite con i neocristiani stranieri e se ne astenevano con i cristiani ebrei; san Paolo rimproverò loro tale condotta; questo stesso Paolo, fariseo (discepolo del fariseo Gamaliele che aveva perseguitato con furore i cristiani), rompendo poi con Gamaliele, si fece a sua volta cristiano, e, più tardi, al tempo del suo apostolato, si recò a sacrificare nel tempio di Gerusalemme. Osservò pubblicamente per otto giorni tutte le cerimonie della legge giudaica, cui aveva rinunziato; vi aggiunse, anzi, devozioni e purificazioni: insomma ÇgiudaizzòÈ in tutto e per tutto. Il più grande apostolo cristiano compì per otto giorni le stesse cose per cui oggi gran parte dei popoli cristiani condannano gli uomini al rogo.
Teuda, Giuda si eran detti «Messia», prima della venuta di Gesù. Dositeo, Simone, Menandro si dissero tali dopo Gesù. Sin dal primo secolo della Chiesa, prima ancora che fosse conosciuto il nome di «cristiano», c'erano già una ventina di sette in Giudea.
Gli gnostici contemplativi, i dositeani, i cerinzi esistevano già prima che i discepoli di Gesù avessero preso il nome di «cristiani». Ci furono ben presto trenta Vangeli, ognuno dei quali apparteneva a una diversa comunità; e sin dalla fine del I secolo si possono contare trenta sette di cristiani in Asia Minore, in Siria, in Alessandria ed anche in Roma.
Tutte queste sette, disprezzate dal governo romano e nascoste nell'oscurità, si perseguitavano tuttavia le une contro le altre nei sotterranei in cui strisciavano, scagliandosi ingiurie; era tutto quello che potevano fare, nella loro abiezione: erano quasi tutte composte dalla feccia del popolo.
Quando, infine, alcuni cristiani ebbero accolto i dogmi di Platone e mescolato un po' di filosofia alla loro religione, che separarono da quella ebraica, diventarono a poco a poco più rispettabili, ma sempre divisi in tante sette, senza che arrivasse mai un solo momento in cui la Chiesa cristiana fosse unita. Essa ebbe origine in mezzo alle divisioni degli ebrei, dei samaritani, dei farisei, dei sadducei, degli esseni, dei giudaiti, dei discepoli di Giovanni, dei terapeuti. Fu divisa fin dalla culla, lo fu perfino durante le persecuzioni che ebbe a patire talvolta sotto i primi imperatori. Spesso il martire era considerato un apostata dai suoi confratelli, e il cristiano carpocraziano moriva sotto la scure del boia romano, scomunicato dal cristiano ebionita, il quale era a sua volta anatemizzato dal sabelliano.
Questa orribile discordia, che dura da tanti secoli, è una grande lezione che dovrebbe spingere a perdonarci l'un l'altro i nostri errori: la discordia è la piaga mortale del genere umano, e la tolleranza ne è il solo rimedio.
Non c'è nessuno che non convenga su questa verità, sia che mediti a sangue freddo nel suo studio, sia che esamini pacatamente la questione con i suoi amici. Perché allora quegli stessi uomini che, in privato, ammettono l'indulgenza, la benevolenza, la giustizia, insorgono in pubblico con tanto furore contro queste virtù? Perché? Perché l'interesse è il loro dio e così sacrificano tutto a questo mostro che adorano.
«Io posseggo una dignità e una potenza, attribuitemi dall'ignoranza e dalla credulità: cammino sulle teste degli uomini prosternati ai miei piedi: se essi si sollevano da terra e mi guardano in faccia, sono perduto; bisogna dunque che li tenga giù con catene di ferro.»
Così han ragionato uomini resi potentissimi da secoli di fanatismo. Essi hanno sotto di loro altri potenti, e costoro ne hanno altri ancora, e tutti si arricchiscono con le spoglie del povero, si ingrassano col suo sangue, e ridono della sua imbecillità. Essi detestano tutti la tolleranza, come i faziosi arricchitisi a spese della collettività hanno paura di rendere i conti e, come i tiranni, temono la parola «libertà». E per colmo, assoldano dei fanatici che urlano: «Rispettate le assurdità del mio padrone, tremate pagate e tacete!»
Fu così che ci si comportò per lungo tempo in gran parte del mondo. Ma oggi, che tante sette si bilanciano con i loro poteri, quale partito prendere nei loro confronti? Ogni setta, come si sa, è sinonimo di errore: non ci sono sette di geometri, di algebrici, di matematici, perché tutte le proposizioni della geometria, dell'algebra e dell'aritmetica sono vere. In tutte le altre scienze si può sbagliare. Ma quale teologo tomista o scotista oserebbe affermare seriamente di essere sicuro del fatto suo?
Se c'è una setta che ricordi i tempi dei primi cristiani, essa è senza dubbio quella dei quaccheri. Nessun'altra somiglia di più alla comunità degli apostoli. Gli apostoli ricevevano lo Spirito, e i quaccheri anche. Gli apostoli e i loro discepoli parlavano a tre o quattro per volta nelle loro assemblee, che si tenevano al terzo piano, e i quaccheri fanno lo stesso a pianterreno. Alle donne era permesso, secondo san Paolo, di predicare, e, sempre secondo lo stesso santo, era loro proibito; le quacchere predicano in virtù della prima concessione.
Gli apostoli e i loro discepoli giuravano con un «sì» o con un «no»; e i quaccheri giurano allo stesso modo.
Nessun segno di distinzione addosso, nessun modo di vestire diverso fra i discepoli e gli apostoli; e i quaccheri hanno maniche senza bottoni e son tutti vestiti alla stessa maniera.
Gesù Cristo non battezzò nessuno dei suoi apostoli; i quaccheri non sono battezzati.
Sarebbe facile spingere più lontano questo parallelo; e ancora più facile mostrare quanto la religione cristiana dei nostri giorni differisca dalla religione che Gesù praticò. Gesù era ebreo, e noi non siamo ebrei; Gesù si asteneva dalla carne di maiale, animale immondo, e dalla carne di coniglio, perché esso rumina e non ha l'unghia fessa; noi mangiamo sfacciatamente il maiale perché per noi non è immondo, e mangiamo il coniglio, che ha l'unghia fessa e non rumina. Gesù era circonciso, e noi conserviamo intatto il nostro prepuzio. Gesù mangiava l'agnello pasquale con la lattuga, celebrava la festa dei tabernacoli, e noi non lo facciamo. Osservava il sabato, e noi lo abbiamo cambiato; sacrificava, e noi non sacrifichiamo più.
Gesù nascose sempre il mistero della sua incarnazione e della sua dignità: non disse mai di essere uguale a Dio, e san Paolo dice apertamente nella sua Epistola agli Ebrei che Dio creò Gesù inferiore agli angeli; ma, nonostante tutte le affermazioni di san Paolo, Gesù fu riconosciuto Dio al concilio di Nicea.
Gesù non regalò al papa né la marca di Ancona, né il ducato di Spoleto; e tuttavia il papa li possiede per diritto divino.
Gesù non fece un sacramento né del matrimonio né del diaconato; eppure, per noi, il diaconato e il matrimonio sono sacramenti.
Se l'esaminiamo a fondo, la religione cattolica, apostolica e romana è, in tutte le sue cerimonie e in tutti i suoi dogmi, l'opposto di quella di Gesù.
E con questo? Dovremmo forse tutti giudaizzare, perché Gesù giudaizzò per tutta la vita?
Se, in fatto di religione, fosse permesso di ragionare in modo coerente, è chiaro che dovremmo farci tutti ebrei, perché Gesù Cristo, nostro salvatore, nacque ebreo, visse ebreo, morì ebreo e disse chiaramente di essere venuto per compiere e adempiere la religione ebraica. Ma è più chiaro ancora che noi dobbiamo tollerarci a vicenda, perché siamo tutti deboli, incoerenti, soggetti all'incostanza e all'errore. Un giunco piegato dal vento nel fango dirà forse al giunco vicino, piegato in senso contrario: «Striscia come me, miserabile, o presenterò un'istanza perché ti si strappi dalla terra e ti si bruci»?
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venerdì 14 dicembre 2007

empedocle filosofo della Pace e dell'armonia

Empedocle di Agrigento[ Precedente ] [ Indice ] [ Successiva ]

Il grande filosofo greco di Agrigento IMG nacque nel 492 circa; si atteggiò a profeta e a taumaturgo; come medico (è ritenuto il fondatore della scuola medica siciliana) pare sua la scoperta del labirinto dell'orecchio interno; e fu forse maestro di Gorgia l'oratore. E Timeo dice che fu allievo di Pitagora (VI - V secolo a.C.) . Non sono da trascurare le sue doti di poeta, nell'utilizzo del metro della tradizione epica, e di fisico.
" (...) coloro che presso i Greci vengono chiamati 'fisici', dovremmo chiamarli anche poeti, perché il fisico Empedocle scrisse un eccellente poema". (Cicerone, De Oratore, I, 217; a cura di G.Norcio, UTET, 1976) "Si tramanda che il rapsodo Cleomene abbia recitato in Olimpia proprio il suo poema, le Purificazioni: lo attesta anche Favorino nelle sue Memorie". (Diogene Laerzio; VIII, 63).
Di nobile famiglia patteggiò tuttavia per gli esponenti democratici, di cui fece parte nel governo della città grazie alla scomparsa del tiranno Terone nel 472 ed alla cacciata del di lui figlio Tisandro. In gioventù "vinse una corsa di cavalli ad Olimpia" (Ateneo, 3, e). Ma parrebbe che Ateneo confonda tale gesto con quello compiuto dal nonno del poeta, che portava lo stesso nome. Il padre fu invece Metone, leggiamo in Diogene Laerzio (VIII, 51).
"Successivamente Empedocle abolì anche l'assemblea dei Mille, costituita per la durata di tre anni, sì che non solo appartenne ai ricchi, ma anche a quelli che avevano sentimenti democratici. Anche Timeo nell'undicesimo e nel dodicesimo libro - spesso infatti fa menzione di lui - dice che Empedocle sembra aver avuto pensieri contrari al suo atteggiamento politico. E cita quel luogo dove appare vanitoso ed egoista. Dice infatti: 'Salvete: io tra di voi dio immortale, non più mortale mi aggiro'. Etc. Nel tempo in cui dimorava in Olimpia, era ritenuto degno di maggiore attenzione, sì che di nessun altro nelle conversazioni si faceva una menzione pari a quella di Empedocle. In un tempo posteriore, quando Agrigento era in balìa delle contese civili, si opposero al suo ritorno i discendenti dei suoi nemici; onde si rifugiò nel Peloponneso ed ivi morì (VIII, 66, 67; op. cit.).
Doveva essere il 432 a.C.; durante la sua permanenza in Elea conobbe Parmenide ed il poeta di Ceo Simonide.
Ma ad Agrigento circolavano anche le idee di Pitagora e Senofane, Eraclito e i medici Pausania (suo allievo prediletto) e Acrone; ed Empedocle seppe superare gli influssi di tale scuole con la sua personalità con la sua visione della realtà dei quattro classici elementi dell'acqua, dell'aria, del fuoco e della terra.
"Gli uomini non sanno comprendere queste cose né cogli occhi né con le orecchie e neppure con la mente" (Diogene Laerzio; IX, 73)."Deboli poteri infatti sono diffusi per le membra; molti mali repentini, che ottundono i pensieri. Scorgendo una misera parte della vita nella loro vita di breve destino, come fumo sollevandosi si dileguano, questo solo credendo, in cui ciascuno si imbatte per tutto sospinti, si vantano di scoprire tutto; così queste cose non sono vedute, né udite dagli uomini, né abbracciate con la mente. Tu dunque, essendoti qui straniato, non saprai di più di ciò a cui si solleva la mente umana". (Sesto Empirico; in I Presocratici, testimonianze e frammenti; Laterza; 1994)
Gli elementi non hanno origine, secondo l'ideale di Parmenide, ma possono modificare le loro caratteristiche sotto la spinta dell'Amore unificatore, o della Discordia disgregatrice: "Due forze che reggono la terra, ieri sono state e domani pur saranno". All'uomo non resta che adeguarsi, e vivere una esperienza dopo l'altra, per conoscere la realtà fatta dal molteplice, e dall'insieme di innumerevoli singoli elementi. Vivere le esperienze della natura rende l'uomo sempre più simile ad essa, e può comprenderla alfine dall'interno: grazie anche alla metempsicosi. Ciò lo apprendiamo dai frammenti dei suoi lavori giuntici: 111 del poema Della natura, e pochi del Purificazioni.
"Le sue opere Della natura e le Purificazioni si estendono per cinquemila versi, il Trattato sulla medicina per seicento righe. Delle tragedie abbiamo già detto" (VIII, 77).
"Concordando quindi con Empedocle: 'Non vi fu perciò nessuna guerra di dei o frastuono di battaglia, neppure fu Zeus loro re, né Crono, né Poseidone, solo Cipride bensì fu loro regina. Essa viene appagata dalla gente, con offerte devote d'animali dipinti, e balsami riccamente profumati, con sacrifici di pura mirra e fragante incenso, mentre stendono sul terreno libagioni dal giallo miele di favo'". (Ateneo; 510, c; op. cit.).Altri lavori dei quali sappiamo solo i titoli sono Politica, Della medicina, Proemio ad Apollo, pur se di incerta attribuzione. Un lavoro sulle guerre persiane pare sia stato distrutto per sua volontà non piacendogli. La sua fede nel valore dell'esperienza - che ci ricorda l'ideale di secoli a noi più vicini - lo condusse a potersi ritenere depositario di conoscenze taumaturgiche:
"Uomini e donne mi lodano seguendomi in massa, domandando a me la parola che sana le numerose malattie che trafiggono ogni ora le carni".
Con disagio lo potremmo definire anche un santone, per le guarigioni fatte che la voce della leggenda tramanda con altre: una dice che egli si gettò nel cratere dell'Etna IMG, per liberarsi infine del corpo ormai ingombrante o far credere con la sua sparizione di essere stato assunto tra gli dei. Il cratere (riferisce Diogene Laerzio, VIII, 69) rigettò uno dei suoi sandali bronzei. Un'altra leggenda lo vuole sparire in un gran bagliore notturno, dopo aver fatto resuscitare una donna (Idem, VIII, 68). Di certo abbiamo che egli formulò per primo la teoria dei 4 elementi, base di tutte le cose, e sottoposti alle due forze che, a periodi, dominano l'universo o fondendo tutto in un unicum o separando i 4 elementi; consentendo l'esistenza del mondo come lo vediamo e lo viviamo durante i periodi di lotta tra i due: Amore e Odio.
Come egli vedeva sé stesso?
"E' scritto nel fato che chiunque macchi il suo corpo di sangue, o sia infame seguendo l'esempio di Odio, andrà errando diecimila anni lontano dagli uomini felici, nascendo di volta in volta sotto le sembianze di ogni essere vivente, soffrendo le varie pene d'ogni diversa specie vivente. La forza dell'aria li lancia nel mare, e il mare li scaraventa nella terra e la terra li butta nelle fiamme del sole che, a sua volta, li rimette nell'aria per essere ancora respinti da tutti gli elementi. Uno di costoro sono io, fuggendo gli dei e vagando a colpa della mia fede per l'Odio".Ed ancora:"Già un tempo io nacqui fanciullo e fanciulla, arboscello e uccello e pesce ardente balzante fuori dal mare".
E si narra di qualche miracolo da lui compiuto:
"Scoppiata una pestilenza fra gli abitanti di Selinunte IMG per il fetore derivante dal vicino fiume, sì che essi stessi perivano e le donne soffrivano nel partorire, Empedocle pensò allora di portare in quel luogo a proprie spese (le acque di) altri due fiumi di quelli vicini: con questa mistione le acque divennero dolci. Così cessò la pestilenza e mentre i Selinuntini banchettavano presso il fiume, apparve Empedocle; essi balzarono, gli si prostarono e lo pregarono come un dio. Volle poi confermare quest'opinione di sé e si lanciò nel fuoco". (VIII, 70).
Cioè si lasciò cadere dentro il cratere dell'Etna.
"E questo tutto abbrustolito chi è? - Empedocle. - Si può sapere perché ti gettasti nel cratere dell'Etna? - Per un eccesso di malinconia. - No: per orgoglio, per sparire dal mondo e farti credere un dio. Ma il fuoco rigettò una scarpa e il trucco fu scoperto"; così satireggia Luciano, allievo di Epicuro (I dialoghi, trad. Mosca; BUR, Rizzoli, 1990).
Altra voce tramanda che egli cadde da un cocchio mentre si recava a Messina, morendo pel conseguente aggravarsi dell'infezione di una ferita alla gamba. Ed il suo sepolcro sarebbe nei pressi di Megara Iblea.
Frammenti
SACRIFICI
Non cesserete dall'uccisione che ha un'eco funesta? Non vedeteche vi divorate reciprocamente per la cecità della mente?Il padre sollevato l'amato figlio, che ha mutato aspetto, loimmola pregando, grande stolto! e sono in imbarazzo coloro chesacrificano l'implorante; ma quello, sordo ai clamori dopo averloimmolato prepara l'infausto banchetto nella casa.E allo stesso modo il figlio prendendo il padre e i fanciulli ela madre, dopo averne strappata la vita, mangiano le loro carni.(I Presocratici, vol.I, Laterza, 1969, Bari)
L'OCCHIO
Come quando taluno pensando al suo cammino si apparecchia lume,nella notte tempestosa, splendore di ardente fuoco,adattando la lucerna che tutte le aure trattienee disperde il soffio dei venti impetuosi,e la luce che fuori ne balza, quanto più è sottile,rifulge nella casa con infaticabili raggi:così allora il fuoco primevo costretto in membranee in tuniche sottili si appiattò nella rotonda pupilla;ed esse erano traforate da meravigliosi canaliche il gorgo trattenevano dell'acqua intorno fluente,ma fuori lasciavano passare il fuoco quanto più era sottile.
(Le più belle pagine della let. greca classica, C. Coppola, Nuova Accademia Ed.)
Grazie alla Suida, che commenta la voce 'exanimis', un altro frammento di Empedocle testimonia della grande considerazione che di sé aveva il poeta e taumaturgo agrigentino:
"Da me apprenderai tutti i filtri magici, con i quali sono allonta nati i malanni e la vecchiaia, poiché io solo te ne riferirò Indi le forze placherai degli sfrenati venti, che irruenti sulla terra coi soffi distruggono i campi. E se vorrai li desterai, invece, dalla terra.Agli uomini una siccità tempestiva, causerai dopo la pioggia. E viceversa il fecondo addurrai dopo la siccità (Traduzione di C. Schiavone)
In Diogene Laerzio (VIII, 59) si trova aggiunto il verso: 'Dall'Ade tu trarrai alla luce la forza di un uomo morto'.

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pianto operaio di bruno Ugolini



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S'ode a destra


Il pianto operaio

Bruno UgoliniIo sono un giornalista. Non rischio di vedere una porta Usb del computer che perde olio e di essere quindi avvolto dalle fiamme senza nemmeno un estintore a disposizione. Non rischio di morire bruciato vivo. Non sono un operaio. Sono un giornalista. Non farò la fine di Bruno, Roberto, Antonio, Angelo, i torinesi ultime vittime di un stillicidio quotidiano riservato agli operai.Potrei continuare e dire: io sono un avvocato, io sono un notaio, io sono un manager, io sono un fruttivendolo, io sono un teleconduttore, io sono un parlamentare. È assai raro che qualcuno di tali stimati soggetti sociali entri nel proprio luogo di lavoro e ne esca racchiuso in una cassa funebre. Non sono operai.L'Italia li scopre in televisione. Gad Lerner torna a visitarli. Eran giovani, i morti. Sono giovani quelli che ne parlano. Giovani moderni, persino con gli orecchini, come si usa ora. Lo stupore si diffonde. Non avevamo scritto che più nessun ragazzo italiano voleva fare l'operaio? Ma poi scopriamo un altra verità: sono quasi tutti figli di operai, non figli di teleconduttori, notai, manager.Ma non erano loro che, come sostenevano grandi teorici, avrebbero dato l'assalto al cielo? Non dovevano dirigere tutto? Non dovevano cambiare il mondo? Ora al massimo, quando ci lasciano le penne, suscitano la tenerezza del capitalismo compassionevole. Nessuno li mette più al centro di un progetto, di un futuro diverso. Al massimo promettono un'aliquota fiscale più bassa. Non sono più classe, son sparpagliati, decentrati, scontrattati. Qualcuno li considera persi nella folla dei consumatori. Qualcuno preferisce corteggiare i più simpatici No Global.Forse anche per questo vediamo i trentenni siderurgici a Torino in ginocchio accanto alle bare dei loro compagni. Forse piangono anche per questo. Per le speranze deluse. Perché non contano più nulla.http://ugolini.blogspot.com/
Pubblicato il 13.12.07


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giovedì 13 dicembre 2007

assenza Epifani e CGIL dai funerali di Torino

----- Original Message -----
From: pietroancona@tin.it
To: epifani@cgil.it
Cc: segreteria@cgil.it ; segreteria@fiom.it ; area critica cgil ; info@rete28aprile.it ; aorile
Sent: Thursday, December 13, 2007 1:20 PM
Subject: presenza ai funerali

Non ho notato la presenza di Epifani e della Segreteria della CGIL ai funerali dei quattro operai morti a Torino

.,
L'assenza dai funerali è un crimine che vuole contribuire all'isolamento dei lavoratori e del loro diritto a non essere utensili umani usa e getta,
Spero che Epifani abbia avuto un valido impedimento personale per non andare.,
Se cosi non fosse, questa CGIL ha urgente bisogno di liberarsi di lui e di questa segreteria diventata guardiana degli interessi della peggiore feccia dell'imprenditoria
mondiale. Un Sindacato che ha regalato ai lavoratori la legislazione più truffaldina del pianeta per agevolare il loro sfruttamento.
Rivoglio la mia CGIL! La CGIL di Lama,
Fernando Santi, Piero Boni, Rinaldo Scheda.......
Pietro Ancona
segretario generale cgil siciliana in pensione

mercoledì 12 dicembre 2007

convenzione abrogazionista leggi sul lavoro

Tutte le leggi sul lavoro promulgate dopo gli accordi del 1993 hanno avuto ed hanno un solo scopo: scardinare il sistema di garanzie della giusta logica ragionevole legislazione del lavoro che l'Italia si era data prima e dopo la legge 300 lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori che, per quanto sfregiato ed eroso in molte delle sue parti, costituisce ancora
un punto di riferimento esemplare. Il dlg nr.66 del 2003 stabilisce che il riposo nelle ventiquattro ore non può essere inferiore ad undici ore consecutive. Naturalmente non dice ma si fanno tredici ore di lavoro e si ritiene di essere legalmente a posto. Naturalmente non è vero. E' una norma truffaldina usata per costringere i lavoratori a prestazioni pesanti. E' stata scardinata la vecchia civilissima norma del novecento socialista: otto ore di lavoro, otto di riposo, otto di svago !
E' stata assecondata la tendenza delle imprese ad impossessarsi dell'intero tempo e dell'intera vita del lavoratori anche attraverso una flessibilità funzionale al massimo sfruttamento.
Abolire la legge 66, abolire la legge trenta, abolire il lavoro interinale e la legge sulle agenzie interinalie tutto il pacchetto Treu ripristinare due sole modalità del rapporto di lavoro: a tempo indeterminato come norma generale, a tempo determinato soltanto per le lavorazioni stagionali.
Non esiste niente nella legislazione suggerita dalla Voce o da Monti o da altri liberisti
che sia compatibile con lo spirito e la lettera della Costituzione, con l'idea di lavoro dei padri fondatori della Repubblica. Tutto è truffaldino: leggi che legalizzano assurdita incredibili!
Se mandassimo gran parte delle norme del cosidetto pacchetto Treu e la legge trenta alla Corte Costituzionale sicuramente sarebbero tutte bocciate.
I lavoratori sono cittadini titolari di diritti. Non sono utensili umani, La loro vita e la loro esperienza sono un patrimonio di civiltà per l'Italia.
Propongo che si convochi una Convenzione per l'abrogazione delle legislazione del lavoro dal 1993 a questa parte e per decidere la fine del monopolio CGIL CISL UIL sulla contrattazione sindacale e sul welfare essendo il c riterio delle organizzazioni maggiormente rappresentative antidemocratico e lesivo di interessi di quanto non sono
iscritti alle tre confederazioni. Si dovrebbe anche proporre una regolamentazione dei referendum sindacali ed una analisi dello stato giuridico del sindacalismo italiano.

Pietro Ancona
Pietro Anconawww.spazioamico.ithttp://medioevosociale-pietro.blogspot.com/http://pietro-ancona.blogspot.com/

martedì 11 dicembre 2007

proporzionale puro e preferenza

Facciamo un cartello per il proporzionale puro
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Le varie proposte di modifica della legge elettorale mostrano tutte volontà truffaldine e di accomodamento della legge agli interessi dei partiti che costituiscono il bipartitismo delle due destre italiane: la Casa delle Libertà ed il Partito Democratico.
A questo punto non resta che tagliare corto e salvare la democrazia italiana con una legge basata sul proporzionale puro senza limiti e senza sbarramenti dal momento che è provato come la frammentazione sia frutto avvelenato del maggioritario o della truffaldina legge elettorale vigente e non dal rispetto della volontà degli elettori.
Bisogna subito aprire una campagna per il proporzionale puro. la proposta Bianco mette allo scoperto una volontà di manipolazione della volontà popolare simile a quella degli inciuci Berlusconi-Veltroni.
L'Italia ha vissuto per quasi mezzo secolo con la preferenza (scelta su quattro nomi) e proporzionale. Nessuno si è mai sentito defraudato del diritto alla democrazia. la democrazia può convivere con la governabilità.La governabilità che si assicura con la manipolazione della volontà popolare è post-democrazia, avvio alla dittatura dei partiti più forti. I due partiti più forti sembrano oramai un solo partito in questioni fondamentali. Quando i due massimi partiti la pensano allo stesso modo si lede la libertà e la democrazia. Non si può dire che l'esempio americano non dimostri come il bipartitismo e l'esclusione dei piccoli ha nno portato ad un unico programma di guerre, povertà per cinquanta milioni di americani, limitazioni gravi della libertà, mancanza di presidio sanitario pubblico, sistema scolastico che favorisce solo i figli dei ricchi etcc......


Pietro Ancona www.spazioamico.ithttp://medioevosociale-pietro.blogspot.com/http://pietro-ancona.blogspot.com/

destra e sinistra (una discussione sul Corriere della Sera)

La destra è la ThissenKrupp.La sinistra è la classe operaia che piange i suoi morti.
La destra è anche qualla parte del sindacalismo confederale che funge da gendarme per il rispetto dei dikat di Montezemolo. E' il Partito Democratico che ha staccato la borghesia liberal dai lavoratori e l'ha traghettata nel territorio di Berlusconi e Fini. E' la sinistra radicale quando vota il mostruoso protocollo del 23 luglio.
La destra è Blair che muove guerra ad un popolo che non gli ha mai fatto nulla di male e ne distrugge il futuro con le bombe all'uranio che condannano alla mostruosità le generazioni da ora in avvenire.
E' destra la sinistra radicale quando sta al governo da due anni paralizzata da Prodi incapace di abolire financo la legge 66 fatta da Berlusconi che autorizza fino a tredici ore di lavoro giornaliero.
La destra esiste ed esige che la sua ideologia venga applicata con rigidità senza alcun rispetto per la vita umana.
Purtroppo ha colonizzato gran parte della sinistra che non è più sinistra ma al massimo è ascara della destra.
Cordiale saluti.


Pietro Anconawww.spazioamico.ithttp://medioevosociale-pietro.blogspot.com/http://pietro-ancona.blogspot.com/

PS: piccolo omaggio del "socialista" thactheriano Blair al mondo:

lunedì 10 dicembre 2007

importante dichiarazione dell'on,le Enrico Buemi

Sicurezza, Buemi: irresponsabile atteggiamento dei sindaci


giovedì 06 dicembre 2007
“Un’indecente escalation di delirante protagonismo di sindaci e assessori, con la giustificazione di un’esigenza di una maggiore esigenza di sicurezza per i cittadini italiani, - afferma Enrico Buemi, capogruppo socialista in Commissione giustizia della Camera - sta mettendo in discussione lo stato di diritto nel nostro Paese. È il momento di dire basta ad una rappresentazione della situazione di illegalità e criminalità strumentale ed esasperata. È tempo che la magistratura penale, venuti meno i controlli preventivi di legge amministrativa e di fronte una continua forzatura delle norme in vigore, che porta alla negazione di principi costituzionali fondamentali , assuma iniziative che chiamino a rispondere certi amministratori pubblici delle decisioni che assumono pur non avendone i poteri. Utilizzare i seri problemi di criminalità e disagio delle popolazioni , che di certo esistono, con operazioni di puro allarmismo per conquistare spazi di visibilità mediatica da parte di sindaci e presidenti di regioni o di province, - conclude il parlamentare del Partito socialista - è irresponsabile, determina confusione, e crea disparità di trattamenti tra i cittadini delle varie realtà territoriali che devono rimanere univoci in tutto il territorio dello Stato” .

socialisti e "sicurezza"

Sicurezza, polemica tra i poli dopo l'omicidio di Roma


venerdì 02 novembre 2007
Non si arresta la polemica politica sul tema della sicurezza scoppiata dopo l'aggressione di Giovanna Reggiani, la donna morta in seguito all'aggressione subita per mano del ventiquattrenne rumeno Nicolae Romolus Mailat. Il centrodestra ha attaccato con forza le decioni del governo e l'atteggiamento assunto dal centrosinistra sul problema dell'immigrazione dopo la tragedia di Tor Di Quinto. L'Unione, da parte sua, ha rimandato al mittente ogni tipo di accusa, invitando a evitare ogni strumentalizzazione della vicenda Reggiani e a cercare il dialogo su un tema come quello della sicurezza. Buemi: responsabilità anche di enti locali . Craxi: dalla Cdl sciacallaggio politico. Spini: sì a espulsioni mirate Non si arresta la polemica politica sul tema della sicurezza scoppiata dopo l'aggressione di Giovanna Reggiani, la donna morta in seguito all'aggressione subita per mano del ventiquattrenne rumeno Nicolae Romolus Mailat. Il centrodestra ha attaccato con forza le decioni del governo e l'atteggiamento assunto dal centrosinistra sul problema dell'immigrazione dopo la tragedia di Tor Di Quinto. Nel mirino, in particolare, le politiche del sindaco di Roma Walter Veltroni nei confronti degli immigrati. Le critiche piu' dure sono arrivate direttamente da Silvio Berlusconi, che ha definito una "pecetta" il decreto che concede ai prefetti i poteri di espulsione, un provvedimento che secondo il leader di Forza Italia e' "improvvisato". Berlusconi ha anche respinto le accuse mosse al suo governo dalla maggioranza, preoccupata secondo il Cavaliere solo di "salvaguardare l'immagine di Veltroni". L'Unione, da parte sua, ha rimandato al mittente ogni tipo di accusa, invitando a evitare ogni strumentalizzazione della vicenda Reggiani e a cercare il dialogo su un tema come quello della sicurezza. A Berlusconi, poi, ha replicato a stretto giro Francesco Rutelli chiedendo "piu' decoro e meno faccia di bronzo". Il vice presidente del Consiglio ha comunque sferzato il centrodestra: "Vedremo in Parlamento se avranno idee e proposte oltre che grida", ha aggiunto. A quest'ultimo proposito, il decreto approdera' in Senato alla commissione Affari costituzionali a partire da martedi' 6 novembre. Dell'emergenza sicurezza ha parlato Walter Veltroni, in una intervista alla Tv romena rilanciata dal Tg1: "Nell'ultimo decennio si e' deciso di non avere piu la politica dei diritti, perche' venivano date garanzie dai singoli Paesi in termini di controllo del flusso migratorio. Queste garanzie sono evidentemente saltate e dal primo gennaio di quest'anno il flusso migratorio non appena si e' diventati cittadini dell'Ue e' diventato non sopportabile per le citta' del nostro Paese e non credo solo per il nostro Paese", ha detto il sindaco di Roma. “Lungi dal voler giustificare inauditi comportamenti criminali quanto a bestiale efferatezza e brutalità, dopo quanto è avvenuto a Roma – afferma il parlamentare socialista Enrico Buemi - prima o poi, passato lo sgomento, dovremo ben rispondere ad alcune domande. Cosa ci dovevamo infatti aspettarci da persone che tolleriamo vivano senza una casa, senza servizi igienici, imbruttiti dall’indigenza, dalla povertà, dal freddo e dall’emarginazione? Non possiamo dimenticare che abbiamo a che fare con gente che è sfruttata, costretta a lavorare in nero e a pagare fitti esosi, quando riescono a trovare una casa. Gli enti locali che chiedono più poteri di polizia per i sindaci non hanno forse rinunciato a svolgere quel fondamentale compito, che a loro compete, di promuovere l’inclusione sociale e organizzare i servizi pubblici in modo da garantire una vita dignitosa? Perché ci sono le baraccopoli lungo ferrovie e strade? E le polizie locali a cui compete la vigilanza cosa fanno, visto che se un cittadino italiano apre una finestra senza le indispensabili autorizzazioni, viene perseguito penalmente? E soprattutto – conclude il capogruppo della RnP in commissione giustizia - come mai questi villaggi cartone li vediamo solo quando accadono fatti così gravi?” "Fare polemica su avvenimenti tragici è autentico 'sciacallaggio politico' irresponsabile: quello dell'ordine pubblico è un terreno sul quale pochi possono impartire lezioni di efficacia politica, poiché si tratta di una 'voragine' a cui tutte le forze responsabili devono porre un rimedio". Ha sostenuto Bobo Craxi, mentre Spini si è detto "d'accordo col capogruppo di Rifondazione Comunista: non si deve criminalizzare un popolo o un'etnia. Ma rispondo a Migliore che talune espulsioni ben fondate e ben mirate possono meglio evitare questo pericolo che non lasciare le cose nell'attuale condizione".
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domenica 9 dicembre 2007

Notarelle ad un articolo di Barbara Spinelli

Cara Signora,

lei si sbaglia nel dire che l'Italia sarebbe peggiore senza i ministri della sinistra radicale. Certamente non sarebbe delusa quanto lo è oggi con tutto il popolo della sinistra costernato dalla assenza di un qualsiasi minimo cambiamento della linea di politica sociale del governo Berlusconi.
Non si faccia ingannare dalle feste della Cosa Rossa. I convenuti sono le bucrocrazie dei quattro partiti, tutti gli assistenti dei politici ed una folla di compagni che non si stanca mai di sognare.
La verità è che Bertinotti commisura tutto al suo solo interesse personale (ieri Prodi era un poeta morente ed oggi l'uomo di tutta la legislatura) e che è passata la linea della conferma della Biagi,della conferma della guerra etc., di una riduzione della libertà caratteristica di tutto l'occidente odierno (poteri ai prefetti etc..)
Tra i sei milioni di precari che aspettavano un pò di aiuto da questo governo ci sono tantissimi che stanno incanutendo. La stessa strage di Torino è frutto del via libera all'arricchitevi a tutti i costi dato da questo governo sotto la guida di uno dei più asociali e odiosi Presidenti della Confindustria: Montezemolo.Non si lavorerebbe da schiavi se non ci fosse un contesto generale che incoraggia la schiavitù e la riduzione del lavoratore in utensile della produzione.
Con Berlusconi avevamo la speranza in Prodi e nella sinistra. Oggi non abbiamo più alcuna speranza.
Non esiste occhio lungo e ampio orizzonte!
Pietro Ancona

Ragioni e miserie della sinistra - BARBARA SPINELLI
Si può capire la passione che affligge le sinistre radicali, impegnate a governare con Prodi da un anno e mezzo. Dentro di sé sentono accumularsi delusione, scoraggiamento, e un senso d’inutilità che s’espande e le umilia. Fausto Bertinotti ha dato voce a questo stato d’animo nell’intervista a Massimo Giannini su la Repubblica del 4 dicembre, e per questo suo dire è stato criticato. Curando l’interesse d’un partito invece di stare sopra le parti come s’addice a chi presiede la Camera, ha dato ragione all’ultimo rapporto del Censis: il senso dello Stato e delle istituzioni si sta disfacendo in Italia, al suo posto abbiamo poltiglia, mucillagine, e i miasmi contaminano anche i politici. Ma questa sregolatezza istituzionale, questa temeraria decisione di esporsi come leader di Rifondazione anziché obbedire alla laica neutralità della funzione hanno una sostanza che non si può ignorare. In ogni passione c’è un patire, e le sinistre radicali che da ieri sono riunite a Roma per creare il nuovo partito Sinistra-L’arcobaleno soffrono più di altri gli squarci inferti alla coalizione ogni giorno. Hanno l’impressione sempre più intensa di servire solo come numeri per fare maggioranza, e nessun individuo né gruppo può alla lunga credere in se stesso se viene adoperato come mezzo, peggio come numero. Hanno l’impressione di non contare affatto per quel che sono, che fanno. Hanno l’impressione che esista un estremismo del centro, nell’Unione, che è il vero affossatore di Prodi e che però viene lusingato. Ha cominciato il direttore di Liberazione Piero Sansonetti, l’1 novembre in un editoriale, a porre l’eretica domanda: «Perché restiamo in questo governo?». Sono tante le cose - e non solo l’equilibrio dei conti - che le sinistre radicali son chiamate ad accettare affinché il governo non perda Mastella o Di Pietro, Dini o la Binetti. Sono troppe, se si pensa che Veltroni, leader del Partito democratico, continua a tacere sulle alleanze future. Che il governo non ha neppure osato misure simboliche come i Dico o la chiusura della base a Vicenza. Che il Senato venerdì ha vacillato non a causa delle sinistre ma perché Paola Binetti s’è rifiutata di introdurre - nella legge sulla sicurezza - una normativa che penalizzi, come imposto dall’Unione europea, comportamenti razzisti e omofobi. Dicono che la signora Binetti abbia opposto il suo No perché voleva testimoniare la propria fede. Perché non ha ammesso che la «sua coscienza venisse strangolata». Sono parole forti, rumorose, e imprecise. Opporsi a una norma che vieta la discriminazione dei diversi testimonia di che, sempre che il testimoniare cristiano abbia il senso classico? Accettarla, strangola in che modo una coscienza fedele a Gesù? Ci sono gesti centristi che a forza d’esagerare son divenuti banali, e accolti come un nobile credo che nessuno tuttavia discerne: anche quando nascondono opportunistiche manovre. Che questo indigni la sinistra radicale non sorprende. Indigna chiunque sappia che cos’è una coscienza strangolata e, nel cristianesimo, un testimone-martire. C’è un passaggio nell’intervista di Bertinotti che chiarisce forse alcune cose. È quando dice che per far prosperare la sinistra radicale «devi vivere nello spazio grande e nel tempo lungo». Non ti puoi aggrappare a piccolezze, e se intuisci un incendio non puoi neppure rispettare le servitù della carica che ricopri. Lo spazio grande cui pensa Bertinotti è quello del mondo, del caos e delle giustizie che lo assediano. Ed è lo spazio dell’Europa, dove si sta rafforzando una sinistra refrattaria al declino dello Stato sociale. È probabile, se si guarda a tali spazi e tempi, che il calcolo del presidente della Camera non sia vano. La sinistra in cui crede è data per agonizzante, ma nei paesi travagliati da mondializzazione e precariato non pare avere il futuro alle spalle: pare averlo davanti a sé. Il pessimismo sociale e esistenziale che spesso la caratterizza - sulle ingiustizie inflitte agli esclusi, sull’internazionalizzazione senza regole, sul clima (l’Italia è il quinto inquinatore mondiale, prima di Russia e Usa) - ha una nuova plausibilità. Questa sinistra sta crescendo in Germania, in Francia. Il nuovo partito fondato nel giugno scorso a Berlino (Die Linke, La Sinistra, fonde gli ex comunisti dell’Est e i dissidenti socialdemocratici di Oskar Lafontaine) sta raccogliendo inaspettati successi. È forza di governo a Schwerin, Magdeburg, Berlino. Ha avuto risultati eccellenti a Brema. Con il 20 per cento nei sondaggi, oggi è al terzo posto dopo democristiani e socialdemocratici. Anche in Francia la sinistra radicale è in crescita, dopo la sconfitta di Ségolène Royal alle presidenziali. Olivier Besancenot, il giovane impiegato postale che guida la Lega comunista rivoluzionaria, progetta una fusione alla tedesca e 40 francesi su cento chiedono in un sondaggio che abbia «più influenza nella politica nazionale»: la stessa cifra di Ségolène. Quel che unisce tali forze è la Questione Sociale, che sembrava un relitto dell’Ottocento-Novecento e invece fa di nuovo apparizione. Le sfide non sono quelle di ieri, i mezzi toccherà reinventarli, ma le iniquità non sono meno dolorose: lavoro precario, spese sanitarie esorbitanti per i deboli, impoverimento degli anziani, stragi di lavoratori in fabbriche obsolete come quella avvenuta a Torino, prezzi alimentari sempre più alti da quando Cina e India consumano di più, il clima distrugge sul nascere i raccolti, e l’energia si fa rara e costosa. Sono questioni sociali anche queste, sempre che si voglia guardare, dietro poltiglie e mucillagini, le persone come vivono e sperano. Le sinistre radicali vedono tutto questo, ma senza lucidità su se stesse, sulla necessaria reinvenzione dei mezzi, perfino sui pericoli. Senza intuire che i nuovi dilemmi resteranno anche in Italia irrisolti, se non muteranno dottrine, metodi, e la memoria di quel che la sinistra estrema ha fatto nell’ultimo decennio. Essa ha di fronte a sé una conflittualità ravvivata, è vero, ma l’astrattezza con cui si ripromette di affrontarla ha qualcosa di profondamente autodistruttivo, di ancestralmente miserabilista. È astratto in primo luogo lo sguardo sulle alternative a Prodi: è per evitare l’errore compiuto nel ‘98 che Rifondazione ha deciso di andare al governo nel 2006, e quel che rischia è di ripetere la colpa e di offrire di nuovo l’Italia a Berlusconi. La Questione Sociale magari s’inasprirà: ma ne approfitteranno gli apparati della Cosa Rossa, almeno nell’immediato, non i cittadini. È astratto in secondo luogo perché molte delle cose chieste da questa sinistra sono solo in apparenza giuste: se i soldi vanno tutti a poche categorie molto garantite, nulla resterà per i veri poveri e emarginati. Lafontaine mente, quando proclama che la restaurazione tale e quale dello Stato sociale «è solo questione di buona volontà», e in Italia questo ormai lo si sa. Indagando sui conflitti francesi mi è stato detto che «la sinistra non ha futuro quando lo Stato non ha soldi», e una risposta a questa sfida ancora non esiste. È infine astratto lo sguardo sulla propria pratica di governo: non è vero che le sinistre radicali non abbiano ottenuto nulla. Il poco ottenuto, esse hanno tendenza a non valutarlo, a non esserne mai fiere. Non rendono giustizia a se stesse, pensando che il non ottenuto pesi infinitamente di più. Il fatto è che non volevano solo il ritiro dall’Iraq, ma anche il rientro dall’Afghanistan e la chiusura della base di Vicenza. Non volevano solo l’inizio di ridistribuzione e le prime misure per i precari, che Prodi ha assicurato. Volevano tutto e subito, come d’altronde vogliono tutto e subito anche certi riformisti. Il popolo di sinistra non avrebbe strappato queste misure se al governo non avesse avuto propri rappresentanti. Ma poco importa: chi nell’azione è pessimista vede solo l’impopolarità, lo scacco. Non a caso Bertinotti tace i progressi, non dice che senza le sue truppe avremmo più razzismo e meno senso della misura con gli immigrati. Non dice che se mai vi sarà un'indagine parlamentare sulla «macelleria messicana» del G-8 di Genova, lo si dovrà alla presenza nel governo di Rifondazione e dei comunisti. Ma soprattutto, Bertinotti e Sansonetti non dicono che il successo dei radicali di sinistra, in Germania e Francia, è dovuto al fatto che non governano, al loro essere tribuni che trascinano ma non possono fare vere promesse, perché promettere vuol dire agire, e agire si può solo assumendosi l’onere del governare. La sinistra alternativa in Italia non è l’ultima e la più sfortunata in Europa, ma la più coraggiosa e l’unica in grado di offrire risultati, sia pur parziali. In Germania la Linke sa che un giorno dovrà governare con la socialdemocrazia, pena la caduta nell'irrilevanza: è significativo che ne siano convinti soprattutto gli ex comunisti di Lothar Bisky, più che il socialdemocratico Lafontaine. L’esperienza italiana oltre a esser unica è all’avanguardia in Europa. Per la prima volta una sinistra antagonista e marxista abbandona il pulpito del tribuno disinteressato ma irresponsabile. Non smette di dire che la lotta continua, e infatti continua. Guadagna un poco, non il tutto annunciato e promesso: solo un partito unico può il Tutto, malamente. Se apprezza la democrazia, essa dovrà puntare a coalizioni, a compromessi, a conversioni mentali e linguistiche non solo formali. Non potrà fare a meno di interiorizzare quel che Prodi ha detto il 6 dicembre: «Gli aggiustamenti e il risanamento sì, ma i miracoli non li so fare». Sansonetti si pone la domanda fondamentale, per ogni individuo o politico: «Vale la pena sforzarsi, per fallire tante volte?». O più precisamente: «Cos’è che obbliga la sinistra a restare dentro un’alleanza che in nessun modo la rispetta, che cammina su una linea completamente diversa da quella tracciata nel programma di governo del 2006, che subisce i ricatti e i diktat delle sue componenti moderate - spesso più d’accordo con la Casa delle Libertà che con gli alleati di governo -, che la considera pura riserva di voti, ne offende spesso i principi fondamentali, ritiene di poterla tenere prigioniera sulla base di una equazione che viene ripetuta all’ossessione: se si scioglie questa maggioranza torna Berlusconi?». Vale la pena? Sì, vale la pena, perché l’Italia senza il ministro per la Solidarietà sociale Ferrero o il ministro dei Trasporti Bianchi sarebbe diversa e peggiore. Vale la pena proprio se ci si muove «in uno spazio grande, con lo sguardo lungo», senza dipendere completamente dalla popolarità. È tremendo esser solo numeri, sfruttati e sprecati da centristi che si dicono riformatori e sono anch’essi attratti dal tutto o nulla. Ma provare conviene pur sempre, e non badare solo a salvare un apparato. Fernando Pessoa lo dice: «Tutto vale la pena, se l’anima non è piccola».